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Località: Via Castello, 5 - Geraci Siculo - Palermo

Chiesa di Sant’Anna

Chiesa di Sant'Anna

L’unica costruzione ancora integra è la citata cappella palatina dedicata a Sant’Anna, che si colloca sul limite orientale della fortificazione. La fabbrica, che è stata definita «un’espressione di gotico regionale […] tutto arcaismi e reminiscenze bizantine e normanne», ha un impianto ad aula, orientata in maniera canonica lungo l’asse occidente-oriente, con una piccola abside emergente, mentre all’esterno si presenta come un compatto volume coperto da un tetto a capanna e ritmato da paraste in corrispondenza dei cantonali e del centro delle pareti laterali.

Nell’austero prospetto, che un tempo dava sul sagrato connesso alla corte del castello, si apre un portale ogivale sovrastato da un piccolo rosone, mentre un altro ingresso con arco a tutto sesto è posto sul lato settentrionale.

L’interno della cappella è suddiviso in due campate quadrate, coperte da volte a crociera, definite da costoloni a sezione circolare e separate da un arcone dal profilo retto; le nervature ai quattro angoli poggiano su peducci pensili, mentre al centro confluiscono su tre colonnine, la cui base è sorretta da mensole figurate con teste di animali, motivi vegetali e geometrici.

L’abside, su cui si apre una sottile monofora, è delimitata agli angoli da coppie di colonne disposte su piani diversi, tortili quelle esterne e lisce quelle interne, entrambe reggenti capitelli a bulbi e foglie, mentre il catino è definito da una doppia arcata, le cui ghiere includono un profilo circolare. Le due piccole nicchie, con archetti trilobati poste ai lati dell’abside, ripropongono in forma contratta la protesi e il diaconico propri del rito bizantino, la cui influenza sull’architettura siciliana medievale si è perpetrata a lungo; altri due grandi incavi con terminazione ogivale, che in origine dovevano contenere delle sepolture nobiliari ad arcosolio, sono ricavate nello spessore dei muri laterali.

Nella parete meridionale, in posizione decentrata rispetto alla sottostante nicchia, è collocata un’apertura rettangolare contornata da conci squadrati (attualmente cieca), di dimensioni maggiori rispetto alle altre finestre; per la sua posizione è possibile supporre che fosse in connessione con gli ambienti del castello, oggi rinvenibili solo nelle tracce a terra, e che fungesse da matroneo per assistere alle funzioni sacre.

La datazione e la committenza della cappella sono in prima istanza ricavabile da un cartiglio in marmo, oggi sistemato al suo interno, nel quale si legge: «anno incarnati (onis) verbi M° CCC° XI° none indicioni(s) regnante domino nostro rege Friderico III excellentissimo rege Sicilie Regni eius anno XVI nos Franciscus comes vigintimilii yscle maioris Giracii dominus utriusqe Petralie incepimus hanc eclesiam beate gloriose virginis (in Christi) nomine edificare». Benché questa iscrizione riporti come data di avvio della costruzione della cappella l’anno 1311 e la riconduca alla volontà del conte Francesco I Ventimiglia, si deve ritenere che esistesse già un luogo di culto all’interno del castello, infatti alcuni riscontri documentari confermano un impianto precedente: da un atto dell’8 marzo 1239 (nello stile moderno 1240), si apprende che l’imperatore Federico II conferì a Nicolò Terciario, chierico della Palatina diPalermo, la cappellania della «Cappellam Castri nostri Geracii in Sicilia…».

A quella data Geraci, appartenuta al dominio di Alduino di Candida, era stata temporaneamente incamerata dalla Curia regia. Inoltre, quando intorno alla metà del Duecento il castello pervenne ai Ventimiglia, nella cappella originaria dovette essere custodito il teschio di Sant’Anna, patrona della famiglia, che era stato donato dal duca di Lorena a Guglielmo, conte di Ventimiglia e di Lozano, il quale venuto in Sicilia intorno al 1242 «portossi seco la sacrosanta Testa della gloriosa Madre S. Anna, quale poi collocò nell’antico castello della città di Geraci…». Nella cappella si conserva la tela della Natività della Vergine, risalente alla prima metà del XVII secolo e riferibile all’ambito del colto pittore Giuseppe Salerno, noto con lo pseudonimo di Zoppo di Gangi.

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