Gromo (Gróm in dialetto bergamasco) è posizionato nelle Alpi meridionali indicate con il termine Prealpi Bergamasche. Situato sulla destra del fiume Serio, in Val Seriana si caratterizza per le sue case dai tetti neri in ardesia (pióde in dialetto bergamasco). Durante il Medioevo era soprannominato "la piccola Toledo", essendo dotata di numerose fucine, che ne facevano un centro molto importante per la lavorazione del ferro e la conseguente realizzazione di armi bianche, alabarde, scudi e corazze. Il toponimo del borgo di Gromo deriva dal latino Grumus, significa collina, altura.
Le antiche miniere d'argento sul territorio di Gromo e di Ardesio vengono documentate dagli atti notarili successivi al 1026 anno in cui il vescovo di Bergamo Ambrogio II, riprenderà i diritti sui territori della Val Seriana dopo la transazione con il Monastero di San Martino di Tours che li aveva ricevuti da Carlo Magno nel 774, ma che alcune famiglie nobili di Bergamo avevano occupato. Difficile localizzare l'esatta posizione delle miniere d'argento sul Monte Secco ad Ardesio, mentre quelle di Gromo si trovavano in località Coren del cucì che pur essendo una miniera chiusa è ancora visibile. L'argento estratto nelle miniere dell'alta val Seriana sarà la principale forniture della zecca di Bergamo per il conio del pergamino di cui rimane documentazione fino al 1302.
Damnatio ad metalla, così chiamò Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nel suo Naturalis historia i cristiani condannati dai romani a cavar metalli nelle miniere dell'alta Val Seriana. Questo e alcune tracce in armi, cocci, testimoniano la presenza di abitanti sul territorio fin dall'epoca romana, nonché rifugio per i primi italici dalle invasioni barbariche. Nel 774 il re dei Franchi, Carlo Magno, donò i territori dell'Alta Val Seriana al Monastero di San Martino di Tours ed a quello di Saint Denis De Paris. Successivamente nel 1026 l'Episcopato di Bergamo con il vescovo Ambrogio II se ne riappropriò in cambio di altri poderi, riservandosi il diritto sui ricavi della estrazione e lavorazione di argento e di ferro sicuramente presenti in valle, dando inizio a un periodo di gravi controversie tra il potere laico, rappresentato dal feudatario, e il potere ecclesiastico, rappresentato dal Vescovo. Anche i primi documenti scritti in cui si attesta l'esistenza del borgo risalgono a quel periodo: compaiono per la prima volta le espressioni "vallis Ardexie seu Grumi" oppure "curia Ardesii er Grummi", proprio ad indicare Ardesio e Gromo, quelli che diventeranno i comuni rurali. Gromo divenne un comune autonomo come vicinia rurale nella prima parte del XIII secolo, venne infatti redatto il primo statuto il 30 marzo 1238, nel giardino della chiesa dei santi Giacomo e Vincenzo di Betuno di Gromo, da 12 contabili e 4 notai che lo affideranno al podestà Nantelmo da Crema. Seguì un periodo di prosperità economica, con conseguente significativo sviluppo architettonico: al Castello del XIII secolo, si aggiunse il Palazzo quattrocentesco, ora proprietà del Comune, la Chiesa di S. Gregorio e la piazza così come la si può vedere ancora oggi. Nel 1428 la Repubblica di Venezia espanse il suo dominio anche alla Città di Bergamo ed ai suoi contadi, e non sfuggì certo a quest'ultima il potenziale economico che offriva l'alta Val Seriana, e nemmeno la qualità delle armi bianche prodotte dagli armaioli di Gromo. Questo favorì nuovi rapporti commerciali anche oltre il territorio lombardo, diventando così il paese noto come "la piccola Toledo". Ma durante il XVII secolo la situazione socio economica del paese cambiò profondamente. Il 1º novembre 1666 una sciagura si abbatté sul paese: una rovinosa frana staccatasi dal monte sovrastante, cadde nel torrente Goglio, distruggendo le 27 fucine per la lavorazione del ferro, causando la morte di 67 abitanti, le loro abitazioni e ponendo così drammaticamente e sistematicamente fine ad un periodo di ricchezza e prosperità.
Meritano sicuramente una visita il Castello Ginami, il Palazzo Milesi, la Chiesa di San Giacomo e la Torre del Lavanderio.
Coinvolgente e suggestiva è la processione che si svolge la sere del Venerdì santo lungo le antiche vie del paese. Una processione notturna composta di centinaia di credenti con i lumi accesi che, partendo dalla Chiesa Parrocchiale, al suono mesto di una marcia funebre, accompagnano la Statua del Cristo Morto, opera fantoniana, fino alla piazza mentre nei prati e sui pendii dei monti piccoli fuochi fatti di stracci imbevuti di olio e grasso rappresentano le vicende del Vangelo sul monte Calvario In quel giorno si usa mangiare la maiassa, una torta particolare, fatta di farina gialla, cipolle, mele e fichi, condita con olio e poi cotta in forno.