I laghi di Avigliana, oltre a essere considerati tra i più belli d’Italia, sono avvolti da una fitta cortina di arcani misteri e verità soprannaturali.
Cè chi sostiene che lo specchio delle acque non sia altro che la lapide di un borgo ricco e florido sprofondato nell’abisso della terra per colpa dell’egoismo degli abitanti, altri affermano che le profondità delle acqua siano dimora di una magica fata dalle vesti di perla, artefice della caleidoscopica variazione di colori mozzafiato che i laghi riflettono al variare delle ore e delle stagioni. Alcuni, invece, testimoniano di aver avvistato, sulla superficie frastagliata, lo spettro di Filippo II vagare sulle stesse acque in cui fu giustiziato.
Il viandante dagli occhi blu
A pochi passi dalla palude dei Mareschi, in Piemonte, nell’epoca dei feudi e dei grandi castelli, di armature e ballate cavalleresche, si ergevano le mura di un borgo rigoglioso, avvolto nello sfarzo e nell’agio. Col tempo, il benessere e la prosperità, corruppero gli animi degli abitanti inaridendo i loro cuori al punto da perdersi nell’oscurità, troppo distanti dal cammino tortuoso dettato dal bene e dall’amore per il prossimo.
Una sera d’inverno, un viandante, stremato dalla fatica del suo lungo viaggio e affamato dall’interminabile digiuno, arrancando, giunse finalmente alle porte della borgata in cerca di riparo. Nel disperato tentativo di sfuggire alla morte e al freddo glaciale, bussò di porta in porta implorando un letto caldo e una razione per rifocillarsi. Gli abitanti del borgo, non vedendo guadagno nel compiere un’azione tanto caritatevole, rifiutarono al povero uomo ogni atto di clemenza lasciandolo nelle mani del fato che ormai sembrava inciso sulla pietra più dura della terra.
Sul punto di accettare cosa gli stava riservando il proprio destino, giunse alle porte di una dimora fatiscente e fu accolto da un’umile vedova di gran cuore che gli offrì, nei limiti delle sue possibilità, un pasto caldo e un posto accanto al suo focolare.
All’alba il viandante era sparito, e con lui anche l’inverno. Dalla finestra della casetta modesta filtrava la luce di un sole nuovo, ricco di speranza e di calore. L’anziana signora, stupita dalla partenza prematura del vecchio straniero, si affacciò alla finestra per ammirare l’avvento inaspettato della primavera e notò che il borgo non c’era più. Nessuna traccia delle strade o delle ricche dimore degli abitanti, soltanto due laghi blu che riempivano il vuoto lasciato dalla borgata, blu come gli occhi straripanti d’amore dell’umile viandante. Ed è così che quel misterioso uomo premiò la bontà della vedova, risparmiando lei e punendo la malvagità degli abitanti della borgata, ormai condannati dalla loro avarizia e superbia.
Il nobile fantasma errante
Per entrare nel merito della leggenda dello spettro errante di Avigliana dobbiamo tornarne indietro nel tempo a sei secoli e mezzo fa, epoca in cui venne giustiziato, nelle gelide acque del lago Grande, il principe Filippo II di Savoia, figlio di Giacomo e cugino del Conte Verde.
Il giovane principe, dopo essere stato spodestato dal proprio trono radunò un esercito, con l’aiuto dei Visconti di Milano e i Marchesi del Monferrato, dichiarando vendetta al proprio usurpatore, il Conte Verde. Nel 1368 la compagnia di Filippo fu sconfitta presso Fossano e, da traditore, venne imprigionato nel castello di Avigliana. Dopo il processo, il giovane fu condannato a morte per annegamento nelle gelide acque del lago grande. La sentenza fu eseguita il 21 settembre del 1368 e si dice che, da allora, lo spirito di Filippo abbia sempre infestato le acque e le sponde della sua tomba acquatica, manifestandosi periodicamente nell’anniversario della sua esecuzione.
In realtà esiste una duplice versione della disfatta del principe Filippo, il quale non sarebbe morto annegato, bensì sia stato salvato dal Beato Umberto di Savoia, antico antenato nato proprio ad Avigliana, di cui il giovane principe portava un medaglione votivo al collo al momento dell’esecuzione. Si dice che il giovane Filippo trovò rifugio a Fatima, in Portogallo, terra che nel XX secolo divenne famosa per le apparizioni mariane, e morì nel 1418.
La ninfa delle acque
Nel cuore delle acque fredde e glauche dei laghi di Avigliana, fra i pendii sommersi e le rocce frastagliate, trova dimora una creatura fiabesca che dona incanto e poesia a chi sa leggere fra le increspature delle acque dettate dalle correnti sotto la superficie.
Una ninfa, una dama, una fata adornata da candidi drappeggi, dicono sia lei l’artefice delle repentine variazioni cromatiche delle acque per mezzo dei suoi sublimi incantesimi. Si palesa come arrivata da un’altra dimensione, e come una pittrice con la sua tela, dipinge la superficie delle acque di note sgargianti. dal blu più profondo al rosa pesca.
Non spetta a me suggerirvi a quale leggenda credere, il mio umile intento è quello di raccontarvi questi tre insoliti racconti, lasciando ai posteri le loro conclusioni.
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