Il Museo di Archeologia Ligure si trova a Pegli, in Liguria, all’interno di Villa Durazzo-Pallavicini. La villa fu donata nel 1928 al comune di Genova dagli eredi dei Pallavicini con il vincolo di utilizzarla a scopi culturali e all’inizio degli anni trenta fu deciso di destinarla a sede del museo civico di archeologia. Recuperati numerosi reperti già dispersi in vari musei, in particolare quelli portati al Museo di antichità di Torino nei primi decenni del Novecento, le collezioni sarebbero state ampliate con tutti i nuovi reperti trovati in Liguria. Tutti i materiali furono catalogati e riordinati con la collaborazione di Luigi Cardini (1898-1971), tra i maggiori studiosi italiani di preistoria.
Il museo fu inaugurato nel 1936, ma durante la seconda guerra mondiale le collezioni vennero trasferite alla badia di Tiglieto. Il museo fu riaperto nel 1953, avvalendosi in questa fase della collaborazione Luigi Bernabò Brea insieme con lo stesso Cardini; essi realizzarono un percorso espositivo che documenta la vita, le occupazioni e l’economia dei popoli che abitavano la Liguria tra centomila anni fa e la fine dell’impero romano ed i cambiamenti climatici intervenuti in questo periodo, con reperti provenienti dalle grotte della riviera di Ponente (Balzi Rossi, grotte di Toirano, grotte del Finalese), tombe di guerrieri liguri dell’età del ferro ed i corredi funebri della necropoli preromana di Genova. Accanto a questi sono esposte anche testimonianze delle città liguri in epoca romana, antichità egizie provenienti dalla collezione d’Albertis ed una raccolta di vasi antichi donata alla città dal principe Oddone di Savoia. Il percorso espositivo, negli anni duemila ampliato e dotato di numerosi supporti didattici, si sviluppa attraverso 13 sale, descrivendo secondo un criterio cronologico le varie epoche della preistoria in Liguria:
- Glaciazione Würm (tra 100.000 e 10.000 anni fa). Questo periodo risalgono utensili in pietra e osso rinvenuti nella grotta delle Fate (Finale Ligure) e ai Balzi Rossi (Ventimiglia) ed un cranio di orso delle caverne ritrovato nella caverna del Lastore (Toirano);
- Sepolture paleolitiche, tra le più cospicue e meglio conservate d’Europa di cui la più antica, risalente a circa 24.000 anni fa, è quella detta del Principe proveniente dalla grotta delle Arene Candide, sempre nel Finalese;
- Utensili neolitici in pietra levigata e scheggiata, ornamenti ed oggetti in ceramica trovati nelle grotte del Finalese e dell’Albenganese e le sepolture neolitiche della grotta della Pollera (Finale Ligure);
- La statua-stele di Zignago, la prima delle numerose ritrovate in Lunigiana, enigmatiche raffigurazioni di eroi-guerrieri dell’età del rame;
- Oggetti in rame, bronzo e ceramica provenienti da villaggi dell’Appennino ligure-piemontese e sepolture di guerrieri dell’età del ferro rinvenute in varie località della Liguria;
- Corredi funerari provenienti dalla vasta necropoli in cui, a partire dal 500 a.C., furono sepolti i primi abitanti di Genova e che si estendeva dal piano di Sant’Andrea all’omonimo colle ed all’area dove sarebbe poi sorta la chiesa di S. Stefano;
- Tavola bronzea di Polcevera. Rinvenuta nel 1506 a Pedemonte di Serra Riccò, riporta il testo di una sentenza emanata dal Senato romano nel 117 a.C. e relativa alla delimitazione dei confini tra i Genuates, gli abitanti di Genova, e i Viturii Langenses, che vivevano nell’alta val Polcevera. A margine della sentenza la tavola documenta le attività economiche (principalmente agricoltura e pastorizia) delle tribù liguri dell’entroterra genovese nel II secolo a.C.;
- Statua di Cerbero, il cane a tre teste posto a guardia degl’inferi, ritrovato nella zona di Ponticello (attuale piazza Dante), anticamente ingresso alla città da levante;
- Nella sala egizia sono esposte la mummia di Pasherienaset, sacerdote egizio vissuto in età saitica (VII secolo a.C.), con il sarcofago in legno dipinto ed altri oggetti del corredo funerario;
- Marmi romani, databili tra il II secolo a.C. e V secolo d.C.;
- Completa la rassegna la preziosa ed eclettica raccolta del principe Oddone di Savoia, figlio di Vittorio Emanuele II, che alla sua morte prematura lasciò alla città un patrimonio rilevante di vasi greci, bronzi, ceramiche, vetri e gemme romane, provenienti da diverse aree archeologiche italiane: la raccolta comprende oggetti etruschi ed altri provenienti dalla Sardegna, dalla Magna Grecia e da aree archeologiche del nord Italia.
Orari:
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì 9-19;
sabato e domenica 10-19;
lunedì chiuso