Fin dal Medioevo, Rodi Garganico è un noto per la produzione degli agrumi del Gargano. Tra questi, le arance del Gargano e i Limoni Femminello, riconosciuti oggi come prodotti IGP.
Il borgo è abbarbicato su un promontorio roccioso tra due lunghi arenili sabbiosi a pochi chilometri ad est del lago di Varano. È circondato da una lussureggiante vegetazione, composta soprattutto da agrumeti, oliveti e pinete, nonché da alberi di carrube e fichi. Il centro storico, come le mura di cui è cinto, è d'origine medievale ed è caratterizzato da vicoli stretti, in buona parte ripidi e con tracciati intricati, che si insinuano in un tessuto urbano costituito da case di uniforme aspetto architettonico, realizzate in modo tale che da ognuna sia possibile scorgere il mare.
Sono molte le prove della presenza di insediamenti umani preistorici (paleolitici e neolitici) nella zona. Ma la fondazione del nucleo abitato nel luogo attuale è successiva. L'origine di Rodi Garganico è stata spesso collegata al movimento espansionistico dei Rodii (per altri degli Argivi), popolo di etnìa greca che nell'VIII secolo a.C. ne colonizzò le coste attratto dal clima e dalle pinete. Si tratta dello stesso popolo che fondò, secondo l'interpretazione di Strabone, la città di Elpie (o Salapia). Tale interpretazione, per la mancanza di una documentazione archeologica pertinente, risulta essere comunque piuttosto incerta.
Con la caduta di Roma si susseguirono tempi difficili: Rodi Garganico fu distrutta dai Goti nel 485 d.C., ricostruita nel 553 dopo la guerra greco-gotica e attaccata dai Saraceni nel 950. Così come Carpino, venne occupata nel 1461 dagli Aragonesi. Nel 1446, infatti, risultava già essere feudo di Alfonso V d'Aragona. Rodi conobbe un nuovo periodo di splendore a partire dal XVI secolo grazie alla produzione agrumaria, la cui filiera coinvolgeva quasi interamente la cittadinanza. La "protezione" dei santi veniva considerata come un elemento fondamentale per un'agricoltura feconda: sin dal Seicento i rodiani erano in prima fila, in occasione della festa di San Valentino (protettore degli agrumeti) durante la lunga processione di febbraio verso il colle del Carmine (Vico del Gargano) per benedire piante e frutti di arance e limoni.
La scelta del santo arrivò dopo discussioni e pellegrinaggi alla ricerca di un patrono la cui festività si collocasse nella stagione invernale, periodo maggiormente critico per colture di arance. Si narra che una delegazione di abitanti proveniente da Rodi e da Vico giunse in pellegrinaggio nella catacomba che custodiva i busti dei santi martiri, allorché il capo della delegazione, urtò il braccio sporgente di San Valentino: fu un segno provvidenziale e decisivo per la scelta. Il 10 febbraio 1618 l'Arcivescovo di Manfredonia approvò la scelta e quattro giorni dopo le ossa del santo giunsero da Roma nella Chiesa Madre di Vico, dando origine alla tradizionale processione del 14 febbraio, tutt'oggi evento seguito e condiviso da rodiani e vichesi.
Un evento infausto fu invece rappresentato dal disastroso terremoto del Gargano del 1646 che causò la distruzione di molti edifici nonché la morte di quattro cittadini. Nel 1815 Rodi Garganico ospitò, presso la "Torretta del Re", Gioacchino Murat, che qui soggiornò tra la seconda caduta di Napoleone e il proclama di Rimini. Nel secolo scorso, durante il ventennio fascista, attraversò un periodo di discreto sviluppo economico grazie alla costruzione della ferrovia garganica. Subito dopo la seconda guerra mondiale, tuttavia, il commercio degli agrumi, principale attività economica della città, si arrestò a causa della situazione politica internazionale che ne limitava i flussi commerciali: non era infatti più possibile commerciare con le dirimpettaie coste dalmate, principale meta delle esportazioni rodiane.
Oggi Rodi Garganico, nonostante abbia mantenuto la produzione agrumaria -in un quadro di sviluppo orientato alla valorizzazione della tipicità dei vari prodotti agricoli, gastronomici ed agrituristici-, ha sviluppato principalmente la propria vocazione turistico-ricettiva. Già apprezzata meta balneare negli anni sessanta, ha subìto importanti processi di restauro del patrimonio architettonico e di riqualificazione urbanistica messi in atto dalle amministrazioni comunali che si sono succedute nell'ultimo decennio; la recente costruzione di un porto turistico, infine, le ha conferito un ruolo interessante nel circuito turistico del Mediterraneo.
Piccoli faraglioni arricchiscono il tratto di costa su cui sorge l'abitato. Il maggiore e più noto è quello detto "del Cane" (o "del Leone") a causa della sua particolare forma che ricorda, appunto, un cane o un leone che vigila sulla cittadina dai pericoli del mare. Sulla sommità rocciosa della rupe ad est dei faraglioni è posto un antico trabucco, un'imponente struttura lignea usata tradizionalmente per la pesca, tipica del Gargano e come tale tutelata dal Parco Nazionale.
Il Vuccolo è l'antica zona del porto di Rodi. L'etimologia del nome deriva dal verbo longobardo "vucculare" che significa "gridare", "chiamare". Deve il suo nome alla tipica (fino a qualche tempo fa) usanza delle popolane di chiamare (vucculare) dalle terrazze i mariti intenti a lavorare le reti a "Mer'i varc" ("mare delle barche"), il nome con cui ancora oggi viene chiamata la zona portuale.
Il quartiere Chépe abbasce (A testa in giù) è caratterizzato da vicoli stretti con tracciati intricati, ripide scalinate, archi, piazzette nascoste e terrazze panoramiche. I vicoli stretti e la disposizione delle case rispondevano alla duplice esigenza di ripararsi dai forti venti invernali, ma anche di poter vedere il mare. Il quartiere, infatti, era abitato prevalentemente da pescatori. Si trovano nel centro storico la chiesa del Santissimo Crocifisso e l'ormai scomparsa chiesa di San Michele Arcangelo.