Chi ama la Valtellina, ma non ne conosce i segreti nascosti, potrebbe approfittare del giorno di Pasquetta per fare una gita all’insegna della natura e della storia nell’antico borgo di Grosio, a pochi chilometri di distanza dalla più famosa Tirano. Sulla strada statale che conduce a Bormio, infatti, poco prima delle gallerie che fanno da anticamera all’Alta Valtellina, sorge questo piccolo villaggio di montagna che viene notato dagli automobilisti soprattutto per il suo maniero, il Castello Nuovo, posto sulla sommità di una collina incastonata tra la valle del torrente Roasco e quella dell’Adda e appartenuto alla famiglia Visconti nel 1500.

Se a balzare subito all’occhio è la serie di terrazzamenti agricoli (molto simili a quelli liguri) cinti da murature a secco che circondano il colle, solo chi decide di fermarsi a Grosio potrà scoprire le radici più remote della Valtellina: dietro al Castello Nuovo giacciono, come gelosamente custoditi, i resti di un altro castello ancora più antico, quello di San Faustino, risalente al 1100. Di questa fortezza rimangono alcuni ruderi, tra cui il campanile romanico appartenente alla Chiesa Castellana dei Santi Faustino e Giovita, che conserva, al centro del presbiterio, due sepolcri medievali scavati nella roccia.

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Il nostro viaggio alla scoperta delle remote radici della Valtellina inizia proprio da qui, dal Dosso dei Castelli, dove si sviluppa il Parco delle Incisioni Rupestri, che rappresenta la testimonianza più esaustiva delle antiche popolazioni locali. Istituito nel 1978 da un consorzio composto dalla Provincia di Sondrio, dalla Comunità Montana di Tirano e dai comuni di Grosotto e Grosio, grazie anche alla donazione dei terreni e dei resti medievali da parte della marchesa Margherita Pallavicino Mossi Visconti Venosta, il parco si pone come scopo principale la valorizzazione delle rocce con incisioni, tra cui la Rupe Magna.

Scoperta nel 1966, la Rupe Magna è una delle rocce più grandi dell’intero arco alpino, con oltre 5.000 raffigurazioni databili tra la fine del Neolitico e l’età del Ferro. Le incisioni raccontano la vita quotidiana degli avi valtellinesi, attraverso la rappresentazione di strumenti rupestri, come coppelle e rastrelli, di figure antropomorfe, di animali e anche di croci medievali. Secondo gli studiosi, la maggior parte delle incisioni veniva realizzata con la tecnica detta “a martellina”, ottenuta picchiettando la superficie rocciosa con un percussore in pietra, creando così piccole concavità circolari.

Tra il 1992 e il 1997, gli scavi effettuati nell’area sud-occidentale del Castello Nuovo hanno portato alla luce i resti di un insediamento che risale all’età del Bronzo e nell’età del Ferro. Gli archeologi ipotizzano la presenza di popolazioni provenienti dell’alta valle del Reno (l’attuale Cantone dei Grigioni in Svizzera) e dalle Alpi centro-orientali (l’odierno Trentino-Alto Adige). I reperti sono esposti nell’Antiquarium, dove i visitatori possono conoscere le origini della Valtellina attraverso tavole e pannelli informativi.

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Grosio, però, non detiene solo questo fascino arcaico e mistico. Il borgo è situato in una zona paesaggistica di grande impatto. Alle spalle del villaggio, infatti, si elevano le Alpi Retiche, in mezzo alle quali prende il largo la Val Grosina, forse poco conosciuta ma ideale per escursioni a piedi o giri in mountain bike, tra edifici sacri, chiese, santuari, cappelle e baite. Fermatevi per un break a Malghera, a 1958 metri di altitudine: qui si trova il Santuario della Madonna del Muschio, edificato negli anni Venti in seguito a un evento miracolo avvenuto da queste parti. Meritano una visita anche la chiesa dedicata alla Madonna di Lourdes a Eita e la chiesetta di Sant’Antonio a Biancadino. Insomma, se siete in Valtellina e passate per Grosio, potrete riscoprire il passato del popolo valtellinese attraverso la presenza di resti preziosissimi e respirare la tipica atmosfera di montagna. Una giornata di relax, fuori da aree più turisticamente congestionate, come le bellissime Bormio e Livigno, e immersi nella pace più totale.