Carloforte (U Pàize, ossia "Il Paese" in ligure tabarchino, Carluforti in sardo campidanese) si trova sull'Isola di San Pietro, in Sardegna. L'isola è situata a circa 10 km dalla costa sarda e costituisce, insieme alla vicina isola di Sant'Antioco e con altri isolotti e scogli, l'Arcipelago del Sulcis. L'isola di San Pietro fu frequentata dall'uomo sin dal periodo prenuragico e nuragico come testimoniato dalla presenza di domus de janas e nuraghi. Intorno all'VIII secolo a.C. i fenici edificarono un insediamento stabile, Inosim (isola degli sparvieri), dotato di un porto, nei pressi dell'odierna Torre di San Vittorio. L'isola fu successivamente occupata dai punici; il loro insediamento con resti di fortificazioni, un tempio e una necropoli è stato individuato nella parte nord dell'odierno abitato di Carloforte.
Carloforte è un'isola linguistica ligure in quanto l'isola di San Pietro fu colonizzata, dopo secoli di abbandono, nel 1738 da pegliesi provenienti da Tabarka, isola oggi collegata alla costa tunisina. Gli abitanti di Carloforte conservano ancora intatto il dialetto dei loro avi liguri che per il comune passaggio nell'isola tunisina di Tabarka è detto tabarchino. Gli abitanti di Carloforte sono detti carlofortini o carolini; parlando di sé stessi, in termini di etnia, si definiscono tabarchini.
I suoi abitanti partirono nel 1542 da Pegli, giungendo da Pegli stesso e dai vicini paesi della riviera ligure, e al seguito dei Lomellini, cospicuo casato genovese dedito ai traffici che aveva avuto concessioni territoriali in quei luoghi, si insediarono sulla costa tunisina nell'isolotto di Tabarka nei pressi di Tunisi, dove pescarono corallo e si dedicarono a traffici e commercio fino al 1738; vennero per questo definiti "tabarchini". Nel 1738 una parte dei tabarchini, con a capo Agostino Tagliafico, chiese al re Carlo Emanuele III di Savoia di colonizzare, in prossimità della Sardegna, l'isola degli Sparvieri (Accipitrum Insula) allora deserta, e oggi chiamata isola di San Pietro; negli ultimi anni a Tabarka era diminuito il corallo, ed erano continue le loro disavventure politico-commerciali con i diversi rais governanti i territori del Nord Africa; la concessione dei Lomellini era diventata meno redditizia, ed erano aumentati i dissidi con i rais che li rendevano liberi o viceversa li facevano schiavi a seconda di chi regnava a Tunisi o ad Algeri in quel momento. Per questo motivo, stanchi di queste vessazioni, chiesero al re sardo un luogo per continuare in tranquillità i loro commerci, soprattutto in spezie e stoffe pregiate, con il resto del Mediterraneo. Fu scelta l'isola degli Sparvieri, mediante una regolare infeudazione.
I primi periodi della colonizzazione furono durissimi per la presenza di aree insalubri, con conseguenti vere e proprie epidemie, che decimarono la popolazione; in seguito a bonifiche del territorio la colonia riuscì a migliorare le proprie condizioni e a prosperare, fu di supporto l'arrivo di altri coloni da Tabarka, e di un gruppo di famiglie provenienti direttamente dalla Liguria. Un'ampia zona paludosa bonificata presso il paese fu allestita a salina, che risultò essere molto redditizia. Un secondo insediamento di coloni provenienti da Tabarka si ebbe nel 1770 nella vicina isola di Sant'Antioco, sul lato prospiciente all'isola di San Pietro, dove fu fondato il paese di Calasetta.
Carloforte vive tutti gli anni celebrazioni di gemellaggio con Pegli. Anche l'architettura, la cultura, i costumi, gli usi di Carloforte sono di tipo strettamente ligure. La popolazione carolina porta con sé diversi personaggi dell'arte, della cultura, della politica, delle armi, delle arti e mestieri sin dal 1738 per passare attraverso l'epoca sabauda fino ai giorni nostri. Parte della popolazione è dispersa in diverse città di tutto il mondo, soprattutto portuali, non solo per necessità ma per vocazione marinaresca, e molti ritornano da anziani alla terra d'origine. Ad oggi ancora sussistono forti legami tra le parentele divise tra Carloforte e le famiglie diffuse nell'intera riviera Ligure, e anche alcune che erano rimaste nel Nord Africa (sino agli anni cinquanta del Novecento). Oggi si contano numerosi luoghi in cui vi sono piccole comunità di residenti carolini, per citarne alcuni oltre che in Sardegna e nell'Italia peninsulare, negli USA, in Francia, Germania, Spagna, Marocco, Tunisia, Argentina, Australia, Uruguay, Perù, Cile, Gibilterra, nella Boca di Buenos Aires e a Bonifacio in Corsica. Pur di cultura e linguaggio liguri, le caratteristiche specifiche dei tabarchini, pur restando comprensibili agli altri liguri di altre regioni, sono da questi riconosciute come ben distinguibili per le loro particolarità.
Borgo di Carloforte
Comune di Carloforte
Provincia di Sud Sardegna
Regione Sardegna
Abitanti: 6.211
Altitudine centro: 10 m s.l.m.
il Comune fa parte di:
I Borghi più belli d'Italia
Aree naturali protette:
Monumento naturale Le Colonne
Il Comune
Via Garibaldi 72 - Tel. 0781-8589200
IN AEREO
Frutto di una sovrapposizione di cultura alimentare liguro-africano-sarda, trae il suo nome dell'isola tunisina di Tabarca, che vide nel 1542 l'insediamento di una colonia di pescatori di corallo, proveniente dalla Liguria (in particolare da Pegli). Quando i banchi di corallo si impoverirono, i rapporti con le popolazioni arabe si deteriorarono. Nel 1738, il primo nucleo di tabarchini si trasferì in Sardegna, su invito di Carlo Emanuele III di Savoia, e sbarcò sull'isola di San Pietro, allora disabitata, dove fondò un nuovo comune Carloforte. Oltre al corallo, questi liguri d'oltremare hanno imparato a lavorare il tonno.
La cucina tabarchina è principalmente influenzata dalla cucina ligure: e tra tutti primeggia il pestu, che condisce vari tipi di pasta rappresentati, come i cursétti o le trofiétte. Il legame con la terra di origine è mantenuto anche dalle fügasse, dalla panissa e dal fainò. Altri piatti caratteristici sono la cassolla (zuppa di pesce), la cappunadda (caponata tabarchina), il cascà (cous cous vegetale), la bobba (minestra di fave essiccate) e il purpu accummudau cue patatte (polpo in guazzetto con patate).
Ma il vero protagonista della gastronomia carlofortina, è indubbiamente il tonno, di cui si mangia quasi tutto, come i gurezi (l'esofago di tonno) e u belu (lo stomaco di tonno), il musciame (il filetto di carne), il figatellu (raro lattume o sperma), la buzzonaglia (i ritagli delle carni più vicine all'osso) e sono pure commestibili u barbasallu (sottogola), a strinca (il laccio) e u fruntole (il frontale). Si contraddistingue anche la ricetta del tonno arrosto alla tabarkina che, con atto notarile dalla delegazione di Cagliari dell'Accademia, è entrata a pieno titolo tra i piatti della tradizione gastronomica carlofortina.