Il primo documento storico che parla di Galatina risale al 1178, in cui viene citato come "casale Sancti Petri in Galatina". La tradizione vuole infatti che l'apostolo san Pietro si fermasse in questo luogo nel suo viaggio da Antiochia a Roma. Solo dopo l'Unità d'Italia, nel 1861, il borgo riprese il suo nome originario. Nel medioevo faceva parte della contea di Soleto con Ugo e Raimondo del Balzo. Da questi passò al nipote Nicolò Orsini e quindi al suo secondogenito Raimondello. Questo magnifico principe vi fece costruire nel 1391 la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria quale ex voto per essere tornato vittorioso dalla Terrasanta con una reliquia della santa.
Venne fin da allora fissato il mercato settimanale al giovedì, e la grande fiera di bestiame di Santa Caterina al cadere del 25 novembre di ogni anno. Entrambi si svolgevano nel largo Fontana, attuale piazza Alighieri, attirando visitatori e mercanti di bestiame da ogni parte del Meridione. Qui i forestieri, nelle notti precedenti il mercato, potevano riposare e dissetare i loro animali, fruire di essenziali servizi tra cui la fontana: un grande pozzo d'acqua sorgiva scavato al centro dello spazio. Alla morte del principe Giovanni Antonio Orsini Del Balzo la città si era così ingrandita da essere elevata a ducato nel 1485 quando fu data dal re di Napoli Ferrante d'Aragona a Giovanni Castriota II (in albanese Gjon Kastrioti), figlio di Giorgio Castriota, detto Scanderbeg, per i servizi resi nella battaglia di Otranto (1480-1481), nella guerra di Ferrara (1482-1484) contro la Repubblica di Venezia e nel recupero di Gallipoli nel giugno del 1484, sanguinosamente conquistata dalla Serenissima.
Sotto i Castriota si ebbe una fioritura culturale ed oltre al sorgere di una corte, videro i natali anche il "canzoniere" di Vernaleone, il cui figlio fu amico di Tommaso Campanella, il mistico Pietro "Galatino", i filosofi Marcantonio Zimara, Francesco Cavoti, gli scultori Nicola Ferrando e Nuzzo Barba e il misterioso pittore Lavinio Zappa. A questo periodo risalgono le attuali porte e mura di Galatina. Delle originali cinque porte della città è possibile ammirare ancora oggi solo Porta Nuova (a nord), Porta Luce (a ovest) e Porta Cappuccini (a est), nulla è rimasto, invece, della Porta di Santa Caterina (a sud) e di quella che si trovava all'imboccatura di piazza Alighieri (Porta della Piazza).
Il cammino per le strade della straordinaria struttura urbana del centro antico di Galatina, eretta a titolo di Città nel 1793, si snoda, lento, nel dipanarsi alternato delle residenze nobiliari, e gli spazi urbani delle Corti, esempi fruibili di organizzazione urbanistica e sociale. Sia i Palazzi rinascimentali, ricchi di decorazioni in pietra, esuberanti e plastiche, che le Corti, fanno della luce un elemento di narrazione, invitando il visitatore a fermarsi e guardare intorno prima di procedere verso altri scorci e luoghi.
Comune di Galatina
Provincia di Lecce
Regione Puglia
Abitanti: 27.056 (20.718 nel borgo)
Altitudine centro: 75 m s.l.m.
il Comune fa parte di:
Città del vino
Strada del Vino Vigna del Sole
Il Comune
Via Umberto I 40 - Tel. +39 0836 633111
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Il pane può essere gustato in diverse varianti: ottime le pucce, con olive nere o senza, le friselle e, inoltre, la pasta fatta in casa. Ottime da gustare sono anche le verdure selvatiche, le municeddhre (chiocciole), la carne di cavallo alla pignata (cucinata nelle tradizionali terrecotte), le cadde cadde (calde calde: pagnottelle con ripieno di grano pestato e pizzaiola, o prosciutto e mozzarella).
I dolci tradizionali galatinesi sono il pasticciotto (pasta frolla con all'interno una deliziosa crema pasticciera) e gli africani (biscotti fatti con tuorlo d'uovo e zucchero), mentre i dolci "delle feste" sono le carteddhrate e i porceddhruzzi (a Natale) e le cuddhrure (a Pasqua).
Dolci pasquali tipici sono tutti quelli a base di pasta di mandorla. Vere opere d'arte alcune riproduzioni di frutta (classicamente i fichi d'India con o senza la foglia verde) o l'agnellino pasquale con la bandiera rossa della resurrezione.
I vini di questa terra sono facilmente reperibili e sono rappresentati da: Negroamaro, Primitivo, Malvasia, Fiano e Chardonnay.
Il tarantismo o tarantolismo è una sindrome culturale di tipo isterico riscontrata nel sud Italia, che nella tradizione popolare è collegato ad una patologia che si riteneva essere causata dal morso di ragni (il termine deriva da tarantola, il nome comune di Lycosa Tarantula, un ragno diffuso in zone mediterranee) o talvolta attribuito ad altri animali comunemente ritenuti velenosi come serpenti o scorpioni. Il termine tarantismo indica propriamente la patologia stessa, che però, in quanto presente solo in quel contesto culturale, è stata considerata una forma di isteria, o un termine indicante manifestazioni idiopatiche di natura sconosciuta. Per estensione, con la parola tarantismo ci si riferisce anche al fenomeno culturale e terapeutico che ne costituisce il contesto, portato alla luce da studi approfonditi da parte dell'antropologo culturale Ernesto De Martino negli anni '50 del '900.
Il tarantismo, che si manifestava soprattutto nei mesi estivi (il periodo della mietitura del grano in Puglia), era costituito da sintomi di malessere generale, quali stati di prostrazione, depressione, melanconia, quadri neuropsicologici come catatonia o deliri, dolori addominali, muscolari o affaticamento, e la maggior parte dei soggetti che ne denunciavano i sintomi erano donne.
Il quadro poteva includere sintomatologie psichiatriche, come turbe emotive e offuscamenti dello stato di coscienza, e poteva includere elementi che in passato sono stati associati alle nozioni di epilessia e isteria. La "cura" tradizionale è una terapia di tipo musicale coreutico, durante la quale il soggetto viene portato ad uno stato di trance nel corso di sessioni di danza frenetica, dando luogo a un fenomeno che è stato definito un "esorcismo musicale".
La tradizione del tarantismo è in qualche modo sopravvissuta sino ai nostri giorni con la messa-esorcismo del 29 giugno nella chiesa di San Paolo di Galatina.