Sull’Isola di San Pietro, a nord del golfo di Palmas (Sardegna), nel borgo di Carloforte vi era una taverna nella quale lavorava una bellissima ragazza sui vent’anni, tanto bella da far innamorare ogni maschio che poneva il suo sguardo su di lei. Il suo sorriso ammaliava ed attirava sia giovani che vecchi ma consapevole della propria bellezza, la giovane rifiutava le proposte di matrimonio di gente del suo pari aspirando a ben più nobili pretendenti, senza disdegnare di far gli occhi dolci a chi le prestava attenzioni e senza mai impegnarsi con nessuno. Naturalmente questo andava a vantaggio del padre che vedeva accrescere il numero dei suoi clienti.

Un giorno, un giovane figlio di un barone cagliaritano arrivò sull’isola e, immancabilmente, si innamorò della giovane maliarda iniziando a corteggiarla. La giovane, venuta a conoscenza che il giovane era proprietario di diverse terre sull’isola, accetto le proposte amorose. La relazione tra i due era vista dagli abitanti della zona come una tresca e le male voci arrivarono fino alle orecchie del Barone, il quale andò a Carloforte per allontanare il figlio dall’isola.

La giovane donna pianse in disperazione per parecchio tempo ma poi decise di consolarsi con altri amori e, col tempo, la ragazza decise di maritarsi, anche con uno dei pretendenti finora rifiutati. Purtroppo, la sua relazione col giovane barone aveva scosso i pretendenti i quali non si lasciarono convincere dai suoi sorrisi o dalle sue moine.

Venne un giorno di burrasca e sull’isola approdò una barca. La barca, che era molto malridotta, necessitava di diversi giorni di riparazioni quindi il capitano, che era anche il proprietario dell’imbarcazione, ed il suo equipaggio presero alloggio nella cittadina.

Un uomo affascinante il capitano, abbronzato, con sguardo scuro, penetrante, dall’indole energica, indomito, quasi feroce ma che non seppe resistere alla bellezza della giovane taverniera, ed anch’essi se ne innamorò perdutamente.

Seppur messo in guardia dai membri del suo equipaggio circa le voci riguardanti i passati amorosi della ragazza, il capitano decise di chiederla in moglie ed il padre di lei acconsentì senza alcun dubbio. Dopo le nozze, ripensando alle parole della sua ciurma, il capitano disse alla giovane moglie:

“Ricordati sempre il giuramento che hai fatto oggi innanzi a Dio, se verrai meno anche a una sola di queste promesse!…”

La giovane impallidì ma venne rassicurata con la tenerezza di una carezza.

Fino al giorno della fine dei lavori sulla barca, ovvero prima di riprendere il mare, la coppia visse felicemente, ed il capitano si innamorava sempre di più della sua sposa. Venne così il momento di riprendere i viaggi per l’uomo di mare e il suo equipaggio. I viaggi non duravano quasi mai oltre il mese ma, al ritorno di uno di questi viaggi, il seme della gelosia stava trovando posto nella mente del capitano.

Al ritorno da un viaggio da Cagliari, dove il capitano aveva acquistato un prezioso regalo per la sposa, nella taverna di Carloforte non trovò la moglie ma il padre che gli disse che la ragazza era in visita ad un parente fuori dal villaggio e che sarebbe rincasata prima di sera.

Tornato alla nave scosso da mille dubbi, il capitano trovò a bordo un giovane il quale lo mise in guardia sul fatto che la sposa non era andata in visita ad un parente ma era invece andata ad incontrare il giovane barone. Incredulo, il capitano intimò al giovane di star zitto ma il questi disse che poteva accompagnarlo sul luogo per provare che ciò che disse era verità.

Prima di farsi convincere a seguirlo, il capitano minacciò severamente il giovane ma poi dovette ricredersi. Seguito il giovane e nascostisi dietro a un cespuglio, il capitano ebbe la prova dell’infedeltà della moglie. Sgomentato, tornò sulla nave e salpò verso il largo senza avvisare sulla sua destinazione o senza lasciare sue notizie a nessuno.

Passarono sei anni da quel giorno, quando, nel dicembre del 1798, alcune grossi navi da guerra si avvicinarono al lido e da queste ne sbarcarono più di mille tunisini che inziarono subito la loro opera di pirateria, saccheggio e violenza. Avidi di bottino e sangue, i tunisini a Carloforte sgozzarono persone, violentarono donne, depredarono abitazioni e negozi. Chi era così fortunato da aver salva la vita venne incarcerato e portato a bordo delle navi.

A guidare questa onda d’inferociti pirati era un uomo scuro, tenebroso, con la testa avvolta da un fitto turbante, che, accompagnato da folto seguito, si diresse verso la taverna della bella giovane. Entrò sfondando la porta e salì le scale fino alla stanza della donna, la quale guardava terrorizzata da sotto le sue coperte il numeroso gruppo di uomini che sembrava volesse assalirla da un momento all’altro.

Il silenzio venne rotto dalla voce del capo di quei pirati che, togliendosi il turbante e con voce tonante, disse:

“Tu dimenticasti il giuramento che facesti ai piedi dell’altare, tu mi tradisti e io sono tornato per vendicarmi.”

La ragazza, presa ormai da un terribile panico, quasi impazzita, riconobbe il marito, il quale confermando la sua sete di vendetta lasciò la giovane donna alla selvaggia mercé dei suoi cento uomini.

Che sia davvero questa la vicenda che spinse il capitano Gian Samosa a chiedere al Bey di Tunisi navi e uomini per poter assaltare l’isola di San Pietro?

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