È il castello medievale in cui Federico II di Svevia, amava rifugiarsi per dedicarsi all’arte venatoria, una delle sue passioni, ed è stata la dimora ideale di Manfredi, figlio di Federico II.
Lo stato attuale, restaurato negli anni ’90, riflette le modifiche apportate al progetto normanno-svevo da Carlo I d’Angiò, che utilizzò il castello soprattutto come prigione di lusso, rinchiudendo fino alla morte Elena Angelo Comneno di Epiro, moglie di Manfredi, e i suoi figli.
In posizione dominante sul borgo, il castello si lascia ammirare nel suo massiccio blocco rettangolare articolato su due piani e caratterizzato da due cortili, uno maggiore e uno minore, e una torre contraddistinta da una muratura bugnata nella parte superiore, tipica dell’architettura sveva.
Il cortile maggiore, risale all’ampliamento iniziato da Federico II nel 1242 sui resti di precedenti costruzioni normanno-sveve (a scopo militare) ed angioine (a scopo residenziale), include una vasta cisterna ed una grande cappella.
Proprio quest’ultima è una particolarità che contraddistingue questo castello da tutti gli altri attribuiti all’imperatore di Svevia. Infatti la presenza al suo interno di questo luogo di culto è l’unico esempio tra tutti quelli risalenti a quell’epoca imperiale. La chiesa, in un austero stile romanico che i restauri effettuati negli ultimi anni del XX secolo hanno portato alla luce nel suo originario aspetto, ha un’abside semi circolare e l’entrata decorata con il motivo dei denti di sega, tipico dell’età angioina.