La Valle Cervo, stretta striscia di terra tra la Valle del Lys e la Valsesia, anticamente era conosciuta come Valle d'Andorno, dal nome della comunità di fondovalle che la comprendeva. In questa sede si tratterà solo della parte alta della vallata, un territorio montano di circa 73 kmq, che inizia dalla strettoia di Bogna e termina sull'arco delle Alpi Pennine che la racchiude su tre lati e ha nella cima Bo (2556 mt) la sua vetta più elevata.
Le notizie storiche prima del X secolo d. C. sono scarse quindi non è possibile tratteggiare un profilo preciso sui fatti antichi e sui primi insediamenti valligiani. Non sono stati trovati reperti o testimonianze, ma è certo che, seppur scarsamente, la Valle fu abitata da popolazioni di provenienza diversa.
In questa zona di confine e di transito tra Italia e Francia, infatti, si alternarono popoli di razza mediterranea, provenienti dalle pianure, e stirpi celtiche che filtravano dalle montagne. Ancora oggi nei toponimi e nel dialetto è possibile riscontrare molte parole di derivazioni diverse che hanno analogie con etimologie francesi e tedesche, nonché romane per la continua presenza degli eserciti di Roma nella zona.
In quest'area ricca di boschi di faggio e di castagno, ma anche caratterizzata dalla massiccia presenza della pietra, non fu semplice per l'uomo trovare un equilibrio con l'ambiente naturale.
Il borgo di Rosazza (Arsassa in piemontese) colpisce per le sue eccentriche strutture, prima fra tutte il Castello, costruito per volere di Federico Rosazza, Senatore del Regno e già membro della Giovane Italia mazziniana e Gran Maestro Venerabile della massoneria biellese. Fu avviata nel 1883 con l'innalzamento della torre guelfa e della palazzina sottostante, poi ampliata in due successive fasi, ed ebbe termine nel 1899, anno della morte di Federico, con il completamento della grande galleria dove il nobile intendeva esporre i suoi dipinti.
L'edificio fu progettato da Giuseppe Maffei sfruttando il tema dell'estetica della rovina: false murature sbrecciate trattate con acido nitrico, finti colonnati ed architravi, allo scopo di richiamare gli antichi templi di Paestum e chiari riferimenti esoterici alla massoneria.
L'arco di accesso al castello riproduce quello della città di Volterra; qui campeggiano le teste di tre valligiane con una stella a cinque punte tra i capelli. Altre false rovine di Paestum ed uno dei due orsi scolpiti in pietra locale, collocati intorno al laghetto del giardino, furono portati via da un piena del torrente Pragnetta nel maggio 1916; i resti sono oggi conservati presso la fontana della Valligiana nel parco comunale.
L'attuale palazzo comunale, anch'esso progettato dal Maffei nel 1880-81, fu voluto in origine da Federico Rosazza per ospitare la sede del municipio di Piedicavallo, paese dal quale al tempo anche Rosazza dipendeva amministrativamente. L'edificio divenne invece sede del comune di Rosazza nel 1909 a seguito dell'autonomia comunale ottenuta nel 1906. Dell'edificio, del quale Giuseppe Maffei curò anche i più minuti dettagli decorativi, sono particolarmente degne di nota la torre ornata da merlature ghibelline e l'armoniosa scala di marmo bianco che dà accesso ai piani superiori.
Questo luogo, oltre le singolari apparenze, è custode di tradizioni e mestieri legati alla vita della valle, usanze che vanno via via scomparendo vista anche la grande riduzione della popolazione locale che negli ultimi cento anni è passata da oltre 1000 abitanti agli attuali meno di 100.
A tramandare la memoria dei mestieri montani e delle tradizioni è la Casa Museo realizzata in centro paese dentro alcuni edifici disabitati e restaurati dal comune, essa fa parte della rete ecomuseale biellese e costituisce un grande tesoro per conoscere più a fondo la realtà di questa parte del Piemonte.
Qualcuno lo definisce la “Rennes-le-Château” d'Italia, altri addirittura il borgo più misterioso, perché capace di attirare quanti hanno qualche interesse ai luoghi esoterici e misteriosi. Rosazza è un borgo ricco di arte, di storia e di cultura, con monumenti che sono giunti fino a noi perfettamente intatti, a testimonianza del suo leggendario passato; un luogo pieno di fascino, anche per via del suo caratteristico paesaggio architettonico.
Le sue abitazioni, perfettamente integre, sono quelle tipiche delle Alpi Occidentali, con i tetti in lose, lastre in pietra di Luserna, cui si accostano armonicamente edifici monumentali costruiti nel 1800 da Federico Rosazza: la chiesa, il castello, il municipio e il cimitero monumentale. Tutto attorno al borgo la natura domina incontrastata ed è il regno di chi apprezzava la sua bellezza ancora selvaggia, dov’è possibile incontrare le antiche mulattiere di collegamento con le valli confinanti.
Lungo la mulattiera che conduce al castello sono stati realizzati diverse opere di sostegno, punti di sosta e molte incisioni rupestri realizzate dagli abili scalpellini della valle e raffiguranti alcune delle sue tante leggende, il volto del suo santo protettore San Giovanni Battista ed originali scritte di saluto ed augurio.