Due sono le cose che mi rendono felice. Scoprire posti nuovi e stare insieme alle persone a cui tengo. Ecco perché la giornata di domenica 30 dicembre è e rimarrà indimenticabile.
Già qualche volta era stata nelle Valli di Lanzo, per lavoro e per visitare il famoso Ponte del Diavolo. Ma mai mi ero spinta oltre.
E così, mentre la radio trasmette allegre musiche di ballo da sala superiamo Ceres, superiamo Fè e superiamo pure il centro di Cantoira per dirigerci verso la piccola frazione di Vrù, qualche metro più sù.
Parcheggiamo e percorriamo a piedi un tratto di strada in salita e ci troviamo di fronte ad un piccolo Borgo in cui il tempo sembra essersi fermato.
Stradine sterrate circondate da prati, casette in pietra e legno, le une appiccicate alle altre. Hanno un so che di trasandato, vecchio, ma sono piene di fascino e trasudano storia. Sembrano disabitate, ma in realtà non lo sono.
Superiamo il Borgo che visiteremo al ritorno e imbocchiamo una salita. Il cartello davanti a noi ci indica che lassù si trova un museo a cielo aperto, l’ecomuseo della Brunetta gestito dal Cai, il Club Alpino Italiano, di Lanzo. Sono i resti di quella che agli inizi del 1900 era una miniera di talco.
La strada in salita sembra interminabile ma il clima non troppo freddo la rende una piacevole passeggiata.
Ad un certo punto sbucano alcune casette in pietra. Piccolissime, grigie e con all’interno i mobili essenziali, sono un esempio di come vivevano i minatori. Siamo a 1100 metri di altezza, nella borgata Rivirin, ma per arrivare alle gallerie della miniera bisogna salire di altri 400 metri.
Accanto alle casette, due opere straordinarie, omaggio a due delle nostre città italiane più belle ed importanti. Una Mole Antonelliana, una Torre di Pisa, una rappresentazione di Rocciamelone, montagna appartenente alle Alpi Graie. Sono tutte ricavate da massi di pietra e sono alte più o meno due metri. A realizzarle un signore del posto, Francesco Berta, anche se qui tutti lo chiamano Cichin.
Cichin lavorava alla teleferica della miniera e durante le pause si dedicava alla sua passione. Creare dal legno e dalla pietra. A lui, alla sua ingegnosità, si deve anche il Presepe Meccanico, altra attrazione che fa arrivare ogni anno migliaia di turisti. Si trova in una baita che era la vecchia scuola, giù a Vrù.
Fornai, fabbri, pastori, animali ed un altro centinaio di personaggi, tutti in movimento in attesa dell’arrivo di Gesù. Ma quello di Cichin non é l’unico presepe. Ogni angolo della frazione ne ospita uno. Tutti sono realizzati con materiali di recupero ed oggetti di tutti i giorni. Matite, candele, stoffa, pietre, bambole. Un tripudio di colori che non può non mettere allegria.
La nostra gita termina quando inizia a fare buio. Lasciamo Vrù con lo stesso umore allegro e spensierato dei bambini. Sulla strada del ritorno, non possiamo farci mancare una sosta a Lanzo per acquistare un pezzo della famosa toma DOP e dei buonissimi torcetti al burro.
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