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Pieve di Ledro


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Pieve di Ledro (Piév de Léder o La Piéf in dialetto locale) è affacciato lungo le sponde occidentali del lago e fin dall'antichità fu il cuore religioso dell'intera valle come testimoniato dalla Chiesa dell’Annunciazione con il suo campanile a cipolla.
  • Borgo in montagna
  • Borgo di lago
  • Borgo con parco
  • Bandiera Arancione
Ledro  |
Ledro
Ledro  |
Ledro
Ledro  |
Ledro
Ledro, Museo delle Palafitte  |
Ledro, Museo delle Palafitte
Lago di Ledro  |
Lago di Ledro
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Lago di Ledro  | Luca Santoro
Lago di Ledro
Luca Santoro
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Ledro  | lavez daldoss
Ledro
lavez daldoss
Lago d'Ampola  |
Lago d'Ampola
Uno sguardo a Pieve di Ledro
Uno sguardo a Pieve di Ledro

Sul borgo

Il lago di Ledro si trova in una valle sospesa che congiunge la valle del Chiese con il lago di Garda. Quando il lago si trovò sotto l'impero austro-ungarico, il territorio della valle nel maggio del 1915 subì lo sgombero della popolazione che fu trasferita in alcuni campi di raccolta situati in Boemia/Moravia (Cechia) ed Austria. La valle divenne zona di guerra con a sud le linee italiane dilatate fino alle pendici della catena dei monti settentrionali (monte Vies, La Cocca, Costa di Salò, San Giovanni) e comprendente tutti i centri abitati; direttamente a contatto con quella italiana, a nord, la linea austriaca arroccata sulle creste a dirupo del Monte Cadria, Tomeabrù, Parì, Cima d'Oro, Valdes, Rocchetta, Cima Capi; alle spalle di questa, nella frazione di Campi (Riva del Garda), il forte Tombio ad ulteriore rafforzamento dei trinceramenti di alta quota, fra i 1600 ed i 2000 metri.

È possibile tutt'oggi visitare buona parte della linea austro-ungarica e le trincee di collegamento poiché scavate in roccia a notevole profondità, verticale ed orizzontale, lungo tutto il versante nord, da ovest ad est, partendo dal forte di Lardaro fino a Riva del Garda. Le prime linee italiane d'assalto, proprio a causa della loro posizione ravvicinata alla prima austriaca, sono pressoché scomparse salvo alcune scavate in roccia e visitabili a Tiarno di Sopra e di Sotto, Bezzecca, nei pressi di Cima d'Oro e San Giovanni. La terza linea italiana, a sud, si estendeva dal Monte Nodic in frazione Pergasina di Riva del Garda correndo lungo Cima Fortini, monte Carone, passo Nota, Tremalzo e scendeva fino a Storo; questa è ancor'oggi ben visibile e praticabile col rampichino e fuoristrada (solo autorizzati); sono inoltre visibili alcune fortificazione italiane in calcestruzzo nella piana di Pur e all'imbocco della valle di Concei. Durante i quasi 4 anni del conflitto, nella valle non si ebbero scontri fra grandi unità data l'esiguità dello spazio e la morfologia delle linee montane particolarmente adatte alla difesa. All'inizio del conflitto i reparti italiani avanzarono fino a contatto con la linea austriaca accuratamente preparata in cresta da un paio d'anni e fornita di campi minati e filo spinato; forti combattimenti si ebbero a San Giovanni ed allo Sperone, nei pressi di Cima d'Oro a quota 1336 m e a Costa di Salò; nella valle di Concei frequenti furono gli scontri fra pattuglie di esploratori ed incursori di ambo gli eserciti così come notevoli i bombardamenti dell'artiglieria italiana contro le fortificazioni di alta quota.

Alla fine del 1918, con il crollo del fronte austro-ungarico, ogni posizione fu abbandonata e successivamente i numerosi recuperanti locali di materiali di valore (ferro, rame, polvere pirica, munizioni) divelsero tutte le corazzature dalle cupole, dalle porte e dalle luci. Purtroppo l'artiglieria austriaca, dai forti di Riva e Campi, a disturbo della linea italiana, provocò la distruzione e l'incendio di tutti i centri abitati della valle di Ledro la cui ricostruzione fu opera dalla popolazione locale rimpatriata nel 1919 e supportata dal genio militare italiano con materiali da costruzione, mezzi di trasporto e supporto logistico quale cucine da campo, vettovagliamento, alloggi e terminò nel 1924.

Presso una sponda del lago sono stati ritrovati dei reperti di una civiltà palafitticola dell'Età del Bronzo, i quali rendono il lago un sito archeologico ed il relativo museo di rilevanza mondiale. Sulla sponda del lago è stata ricostruito un villaggio a palafitta simile a quello esistente nell'antichità.

Il Lago d'Ampola per via del suo particolare ambiente naturale è un lago protetto. Il visitatore può trovare un ambiente incontaminato ricco di particolari specie vegetali ed animali; una passerella permette di passare in mezzo al prato umido, avvicinarsi al canneto e quindi al lago. Durante i mesi estivi è aperto il Centro Visitatori del Lago d'Ampola che organizza visite guidate e laboratori per bambini. Il lago e la zona umida circostante costituiscono un ecosistema peculiare che ospita una flora e una fauna specifici.

La Valle di Ledro è ricca di tradizioni e festività locali. Tra le più importanti ricordiamo la Fiera di S.Michele, in settembre. L'annuale gara estiva delle macchinine in legno durante la sagra di Locca. La gara delle barche di cartone sul lago. Il tuffo della Merla in gennaio. Il triathlon svolto in tutte le sue categorie attorno al lago.

Borgo di Pieve di Ledro
Comune di Ledro
Provincia di Trento
Regione Trentino Alto Adige

Abitanti: 5.323 (623 nel borgo)
Altitudine centro: 660 m s.l.m.

Sito Unesco: Siti palafitticoli preistorici nell’arco alpino

il Comune fa parte di:
Città e siti patrimonio mondiale Unesco
Comunità Montana Alto Garda e Ledro

Riconoscimenti
Bandiera Arancione - Touring Club Italiano

Aree naturali protette:
Biotopo Lago d'Ampola

Il Comune
Via Vittoria 5, Pieve di Ledro - Tel. +39 0464 592711

= distanze in linea d'aria

IN AUTO

  • Autostrada A22: uscita Rovereto Sud – SS240 direzione Riva del Garda da cui si prosegue per Valle di Ledro
  • Da Milano: Prendere l'autostrada A4 e uscire a Brescia Est – seguire indicazioni per Madonna di Campiglio/Val Sabbia – a Storo si prosegue per Valle di Ledro

IN TRENO

  • Stazione di Rovereto

IN AEREO

  • Aeroporto di Verona

La battaglia di Pieve di Ledro fu un episodio della terza guerra di indipendenza italiana e fu combattuta il 18 luglio 1866, dal pomeriggio a sera inoltrata, tra sette compagnie del 2º Reggimento Volontari Italiani del tenente colonnello Pietro Spinazzi appartenente al Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi e gli austriaci della mezza brigata del maggiore Philipp Graf Grunne dell'8ª Divisione del generale Von Kuhn. Vinta dai garibaldini dopo un furioso combattimento, costrinse gli austriaci a rifugiarsi sui monti circostanti la Valle di Ledro e fu il preludio alla più famosa Battaglia di Bezzecca del 21 luglio.

Garibaldi, durante lo svolgimento dell'operazione dell'Assedio del Forte d'Ampola, mostrava costantemente segni d'inquietudine sulla sorte del 2º Reggimento Volontari Italiani che, nonostante i suoi ordini, si era spinto imprudentemente troppo in là, verso est sul monte Nota, quasi in bocca agli austriaci. Infatti costoro, secondo il Generale, “riuniti nella Valle di Conzei seimila dei suoi migliori soldati, scendevano lungo quella valle verso Bezzecca con l'intenzione di separare da noi i distaccamenti del 2º Reggimento e farli a pezzi”.

Il colonnello Pietro Spinazzi era giunto sul monte Nota, proveniente da Vesio di Tremosine, con le sue sette compagnie forti di circa 1.400 uomini, il mattino del 18 luglio e subito si rese conto che il monte poteva servire come base delle operazioni militari in quanto si prestava sia a una valida difesa sia all'offensiva. Dal monte difatti si dominava la Valle di Ledro, quella di Bondo, di san Michele, di Vesio inoltre si poteva controllare strategicamente tutte le mosse eventuali del nemico sul Monte Tratta, Giumella, Oro e la strada postale che conduceva a Riva del Garda.

Lo Spinazzi dopo un consulto fra ufficiali, nel quale il maggiore Numa Palazzini espose all'approvazione il suo piano d'attacco, decise temerariamente di scendere nella valle sottostante e assaltare con due colonne di garibaldini gli austriaci concentrati attorno al villaggio di Pieve di Ledro. Costoro, in tutto circa 1.600 uomini, appartenevano alla mezza brigata del maggiore Philipp Graf Grunne ed era forte di tre compagnie di Kaiserjäger, una di tiragliatori, due di volontari e una batteria da montagna.

I fatti che seguirono durante il combattimento, furono poi dettagliatamente raccolti in una relazione che il colonnello inviò, il giorno successivo, a Garibaldi ed al generale Giuseppe Avezzana. Questo rapporto, pubblicato anche dai maggiori quotidiani di quei tempi, secondo il capitano Osvaldo Bussi che partecipò allo scontro con la sua 10ª compagnia, meritava ogni fede, poiché era stato redatto dal maggiore Luigi Castellazzo in base ai rapporti diretti dei maggiori Numa Palazzini e Amos Ocari che comandarono le due colonne d'assalto, nonché dalla raccolta delle informazioni ricevute dai feriti, dalle deposizioni fatte dai prigionieri di guerra e dai cittadini di Pieve di Ledro e Bezzecca.

Durante la notte il maggiore Philipp Graf Grunne, credendo che le forze del colonnello Spinazzi fossero numericamente superiori alle sue, decise di ritirarsi a Campi di Riva del Garda lasciando solamente due compagnie sulla Bocca di Trat e un reparto sul monte Parì, e sguarnendo in tal modo la Valle di Ledro.

Anche lo Spinazzi informato falsamente dell'arrivo imminente di forti rinforzi austriaci da Riva del Garda si attestò sul monte Nota in attesa del sostegno di sei compagnie del 10º Reggimento provenienti da Gargnano che vi giungeranno il 20, mentre tra i suoi uomini cresceva sempre di più l'insofferenza per l'esecuzione di ordini assurdi che sfocerà il giorno successivo quando, esposti per ore a monte Nota a un furioso temporale, abbandonarono il luogo senza il consenso degli ufficiali riparandosi a Vesio di Tremosine.

I feriti italiani e austriaci furono provvisoriamente sistemati, come ricorda l'ingegner Silvio Martinelli di Pieve di Ledro, “in due stanze della casa del Forestale che era adibita ad ospedale, ma a tale uso era stata adibita anche la casa di Ginevra Biondi” e curati oltre dal dottor Giuliano Venturini anche da specialisti garibaldini, il maggiore, medico di reggimento, Carlo Regnoli, il tenente medico Carlo Billi e il tenente medico Giovanni Battista Bardelli. Questi ultimi tre, a guerra finita, saranno insigniti per l'ottimo comportamento sul campo di battaglia di un'onorificenza al Valor militare: i primi due con la menzione onorevole, l'ultimo con la più prestigiosa medaglia d'argento al valor militare.

Il Regnoli fu onorato “per le zelanti ed intelligenti prestate ai feriti. Assalito all'ospedale provvisorio di Pieve di Ledro da un distaccamento nemico, riuscì a far rispettare i feriti e farsi lasciare con altri sanitari a curarli. Si recò più tardi sul campo di Bezzecca e rese ancora là segnalati servizi”, il Billi per aver coadiuvato “il suo medico di reggimento durante la giornata” e, infine, il Bardelli “perché il giorno 18 con coraggiosa filantropia non abbandonò mai i suoi feriti rifiutandosi di lasciarli benché fosse minacciato di cadere prigioniero degli Austriaci”.

Dormire, mangiare, comprare...

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marzo, 2024

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