Tra le grotte più grandi che un tempo erano utilizzate come abitazioni dai primi abitanti di Pietracupa, dobbiamo ricordare la Chiesa rupestre. Questa grotta, come le altre della Morgia, è stata adibita a usi diversi nel corso del tempo. Molto probabilmente all’inizio, tra il VI e il VII secolo d.C., la grotta apparteneva a un cenobio, comunità di persone che, nell’incalzare delle invasioni, nell’assenza di ogni protezione, si rifugiavano in luoghi solitari implorando la clemenza di Dio. Poi, verso l’anno 1000, anche sulla cima della Morgia si costruì un castello a difesa della valle. I monaci cenobiti si trasferirono in un’abbazia nella contrada S. Pietro, e nella grotta più grande si stabilì un posto di guardia, mentre nel 1360 si costruiva per la popolazione una chiesa dedicata a S. Gregorio.
Quando questa fu distrutta da un terremoto nel dicembre 1456, è molto probabile che la grotta sia stata restituita alla sua funzione sacra: nel paese è stata ricordata come “la Chiesa vecchia” fino a qualche anno fa. Tale rimase fino a che la chiesa di San Gregorio non fu ricostruita circa cento anni dopo: nel 1575 è attestata di nuovo l’esistenza in Pietracupa della chiesa archipresbiteriale di S. Gregorio. La grotta fu quindi utilizzata come tribunale del barone e come prigione. Ancora oggi sono visibili segni dei sistemi giudiziari dell’epoca, come incatenamenti e tratti di corda. Non risulta che siano mai state eseguite sentenze capitali, che comunque avvenivano all’aperto, per edificazione e monito della popolazione.
Finita la feudalità, la grotta diventò abitazione, stalla, magazzino fino al dicembre 1943, quando Pietracupa si trovò sulla linea del fronte fra l’VIII armata inglese, che era sbarcata a Termoli, e i tedeschi della 16ª Divisione Panzer in ritirata verso Cassino che, dopo Pietracupa, avevano occupato Torella. In quei giorni la grotta accolse tutta la popolazione atterrita dal continuo cannoneggiamento, di cui diverse case del paese mostrano ancora le tracInterno della Grottace.
Negli anni ‘70, con la venuta del parroco Mons. Orlando Di Tella, la grotta è divenuta il luogo di preghiera della comunità, chiesa rupestre come all’inizio, impropriamente detta “Cripta”. Tra le opere più importanti che possiamo trovare nel suo interno, vi è un bellissimo crocefisso del 1500 senza braccia, che sembra voler dire a tutti: “Siate voi le mie braccia”.
L’altare circolare è tuttora composto dal palmento del vecchio mulino del paese e la conformazione della grotta pone attorno all’altare l’intera comunità. Vi sono conservati un Bambino Gesù di legno d’olivo, a grandezza naturale, proveniente da Nazareth, assieme ad un calice, pure di legno (S. Giuseppe era un falegname), acquistato a Betlem, ambedue benedetti personalmente da Papa Giovanni Paolo II; vengono esposti ed utilizzati nelle feste di Natale alla presenza di personalità, dei media, con la partecipazione di zampognari fra torce, stelle filanti e musiche composte proprio per il paese.