I riflettori si accendono sul turismo slow, quello che caratterizza una forma di svago sempre più apprezzata e condivisa in tutta Italia. Passeggiare per gli stretti vicoli medievali appartenenti ai molti borghi italiani di antiche tradizioni, godere dei paesaggi irripetibili della nostra penisola, assaporare un buon calice di vino oppure un piatto tipico del territorio che si sta visitando: buone abitudini da preservare e incoraggiare.
E’ proprio con questo obbiettivo, rendere sempre più appetibile e attraente il turismo nei piccoli centri abitati, che il Parlamento ha approvato la legge sui piccoli comuni. Su ben 5.567 borghi d’Italia, dove vivono oltre 10 milioni di italiani, saranno applicate delle misure per favorire l’arrivo dalla banda larga, per il recupero e la manutenzione dei centri storici, per l’efficientamento energetico e per la promozione delle produzioni agroalimentari locali a filiera corta.
Un salto nella contemporaneità per un valore di 100 milioni di euro, stanziabili fino al 2023 e destinabili nei territori maggiormente in difficoltà: le aree montane, terremotate con meno di 5mila residenti.
Ermete Realacci, deputato del Pd, presidente di Symbola, la Fondazione per le qualità italiane e promotore della legge, ha dichiarato:
“Questo testo è un’opportunità per tutto il paese per un’idea di sviluppo che punta sui territori e sulle comunità, che coniuga storia, cultura e saperi tradizionali con l’innovazione, le nuove tecnologie e la green economy. L’importanza dei piccoli comuni, del resto, si è vista anche nel terremoto con il ruolo fondamentale per la tenuta delle comunità svolto da tanti sindaci. Non sono un’eredità del passato, ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità, le nostre qualità e proiettarle nel futuro. Un’idea ambiziosa di Italia passa anche dalla giusta valorizzazione di territori, comunità e talenti”.
Una legge appoggiata e fortemente voluta sin dall’inizio anche da Legambiente; la presidente Rossella Muroni ha dichiarato: “Finalmente i borghi italiani hanno gli strumenti per concorrere a creare un ‘sistema Italia’ capace di migliorare la qualità della vita dei cittadini e di generare competitività”.
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