Monti e mare, colline e pianure, boschi e lagune poi paesi, città, arte e memoria. Ce n’è per tutti i gusti in Friuli-Venezia Giulia, terra di confine dell’estremo nord-est d’Italia. Fra le regioni più piccole ma più ricche di contenuti storici e culturali, è un susseguirsi di paesaggi che si mescolano alla moltitudine di centri abitati, dalle vivaci città-capoluogo alle numerose cittadine e ai piccoli borghi. Venate da una fitta rete di fiumi e torrenti, le terre friulane regalano inaspettate sorprese in un mosaico di testimonianze storiche, palazzi, castelli ed eleganti dimore: un susseguirsi di vivaci e laboriosi centri dove la storia è sempre protagonista. Una terra discreta, mossa dalla laboriosità della sua gente, spesso messa in ginocchio dai fatti e sempre capace di rialzare la testa tornando, senza paura, a guardare avanti. Una terra unica, straordinaria, costruita nei secoli, con il tempo che si racconta nelle strade e nelle piazze e attraverso castelli, rocche, palazzi, chiese ma anche mulini, fornaci, filande, laghi di cava e quell’archeologia industriale che custodisce tesori e memorie passate (www.turismofvg.it/Slow-Tour).
E’ bagnato dal Livenza, l’antico borgo di Polcenigo. La ricchezza di acque, spesso paludose, della zona, spiega la tradizionale lavorazione locale del giunco, alla quale ogni anno, a settembre, è dedicata, in paese, la Sagra dei Thest. Di origini antichissime, Polcenigo propone un centro storico con nobili dimore del XVI e XVII secolo, tra cui il palazzo gentilizio Scolari Salice e palazzo Fullini Zaia, la chiesa parrocchiale di San Giacomo, la chiesa di Santa Maria della Salute e l’oratorio di San Rocco, centro dominato dai ruderi di un castello che i conti del luogo trasformarono in palazzo veneziano del ‘700. Antico borgo di contadini, tagliapietre e cestai, Polcenigo era, tra il Settecento e l’Ottocento, l’epoca delle filande, anche sede di una rinomata fabbrica di calzette di seta. Lo spettacolo delle acque contraddistingue l’intera zona e regala incantevoli scenari presso le sorgenti del Gorgazzo, dove alle acque limpidissime che scaturiscono da una cavità carsica fanno da cornice i colori della rigogliosa vegetazione.
Sorge dove la pianura cede il passo alle alture. Maniago, Bandiera Arancione del Touring, è nota fin dall’epoca medievale per le sue coltellerie e ha origini antiche. Cuore dell’abitato è piazza Italia, la più ampia della provincia di Pordenone, intorno alla quale si sviluppa l’abitato. Nel cuore della piazza sorge una fontana ottocentesca e lungo il suo perimetro si affacciano antichi edifici storici tra cui palazzo D’Attimis, impreziosito dall’affresco in facciata di un leone marciano attribuito a Pomponio Amalteo, la chiesa dell’Immacolata e la Loggia comunale. Dalla piazza si sale ai ruderi del castello, edificato probabilmente nell’XI secolo. Perla di Maniago è il duomo di San Mauro, in stile romanico-gotico, dalla facciata a capanna, con un elegante rosone. L’interno è contraddistinto da affreschi e pitture del ‘600 e del ‘700, altari lignei dell’Auregne, acquasantiere e un fonte battesimale della scuola dei tagliapietre di Meduno. A celebrazione dell’arte fabbrile maniaghese c’è il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie situato nel vecchio stabilimento industriale CORICAMA (Coltellerie Riunite di Caslino e Maniago), affascinante viaggio nella storia della produzione locale di oggetti da taglio.
Da queste parti la gente parla il friulano occidentale. Qui ci si ferma anche solo per soddisfare il palato in uno dei ristoranti, per apprezzare un buon piatto di polenta con il muset, il tipico cotechino friulano, per un assaggio del Dolce del Priore o di Voleson, una torta casereccia prodotta nel periodo del Medioevo a Valvasone e per l’importante rievocazione storica che si svolge il secondo fine settimana di settembre. Terra di acque e campagne, Valvasone propone il suo delizioso centro urbano sulla destra del fiume Tagliamento, nei pressi di un antico guado: il borgo si sviluppa attorno all’imponente castello, documentato già all’inizio del Duecento, che domina l’omonima piazza e custodisce affreschi tardogotici e rinascimentali e un prezioso teatrino ligneo del ‘700. Altri tesori del borgo sono il duomo del Ss.mo Corpo di Cristo, che ospita un organo monumentale, unico esempio italiano dell’arte organaria veneziana del ’500, la chiesa dei Ss. Pietro, Paolo e Antonio Abate, impreziosita da pregevoli affreschi del ‘500, un tempo luogo di rifugio di pellegrini e viandanti, il quattrocentesco chiostro dell’ex Convento dei Serviti, e l’antico mulino con la sua ruota Irma, che sfruttava la forza motrice dell’acqua che scorreva nella fossa di difesa della prima cinta castellana.
Fortificato inizialmente dai vescovi di Concordia, poi dominio della Repubblica di Venezia fin dai primi del Quattrocento, dopo secoli di violenze e sanguinose guerre civili, Cordovado conobbe, nella sua storia, la tragedia della siccità, la fame, il freddo, invasioni di locuste, inondazioni, terremoti e razzie. E’ più volte nominato da Ippolito Nievo ne “Le confessioni di un Italiano” ed entra di diritto tra i “Borghi più Belli d’Italia” nel 2004, tra i primi della regione. Oggi è la pace della campagna friulana a dominare questo borgo-gioiello della pianura, circondato dalle mura quasi completamente intatte e ancora ben visibili. A difesa del borgo c’è la scenografica torre scudata, mentre tra i suoi tesori religiosi l’antica Pieve di Sant’Andrea, risalente al XV secolo, l’Oratorio Trecentesco di Santa Caterina d’Alessandria e il secentesco Santuario della Madonna delle Grazie, gemma dell’arte barocca veneziana, a pianta ottagonale, unico del suo genere in Friuli, ricco di stucchi, affreschi, bassorilievi e statue. Tra gli edifici civili spiccano Palazzo Freschi-Piccolomini, costruito su vestigia medievali, il cinquecentesco Palazzo Beccaris-Nonis, Palazzo del Capitano, il Palazzo Municipale, antico ospizio dei nobili, la settecentesca Villa Segalotti e palazzo Cecchini, che ospita la Biblioteca. A due passi da Cordovado c’è Morsano al Tagliamento, terra di fornaci che tra l’’800 e il ‘900 erano ben ventidue. Oggi ne rimane solo una ed è quella di San Paolo del 1902, simbolo e monumento alla storia di queste terre.
E’ il più significativo esempio di città murata del Friuli e tra i più straordinari esempi di restauro in campo architettonico e artistico. Colpito dal catastrofico terremoto del 1976, è risorto grazie al lavoro dell’uomo che l’ha riconsegnato a quello che era il suo originario impianto urbanistico. Venzone è situato alla confluenza di due importanti valli, quella del Tagliamento e quella del Canal di Ferro, nell’estremo lembo orientale d’Italia, in provincia di Udine. Ai margini del Parco Naturale delle Prealpi Giulie, tra boschi e montagne ricche di fauna selvatica, Venzone propone un particolare fascino medievale, mura e apprezzabili monumenti storici. Dichiarata monumento nazionale ed eletta “Borgo dei Borghi 2017”, ha tra i suoi tesori il Municipio, bell’esempio di palazzo gotico-veneziano, il Duomo di Sant’Andrea e la misteriosa e antica Cappella di San Michele, dimora delle storiche mummie la cui storia risale al 1647, quando venne estratta la mummia del “gobbo” - la prima di una quarantina di altre - dalle tombe del Duomo. L’epoca d’oro venzonese, il Medioevo, rivive ogni quarto weekend di ottobre, con la Festa della Zucca: storia e cultura, enogastronomia e divertimento in un mix capace di accontentare tutti i palati.
Si identifica con la maestosa abbazia benedettina di S. Maria in Sylvis, risalente all’VIII secolo, e attorno a essa si è sviluppata in seguito. Sesto al Reghena appartiene ai “Borghi più belli d’Italia” e sorge in una zona di mulini e filande. Allo splendido complesso abbaziale, composto dalla basilica, dal robusto torrione d’ingresso - unico superstite delle sette torri di difesa erette nella seconda metà del X secolo – dal campanile, dalla cancelleria, dalla residenza abbaziale e dalla casa canonica, si unisce, nelle zone che fanno da cornice al borgo, l’area dei mulini di Stalis. Uno spaccato locale, legato alla storia dell’Abbazia di Sesto e agli insediamenti rurali che crebbero nei suoi domini. Di origine medievale, l’insieme degli edifici venne utilizzato nel lungo periodo fino ai nostri giorni e costituisce un esempio architettonico ancora piuttosto integro dell’arte molitoria e della sua importanza nei secoli, sia per le comunità contadine, sia per le signorie che su di esse esercitavano i poteri. Nella pianura verso Pordenone, nel comune di Prata, sorge un altro gioiello di archeologia industriale: la Filanda Centazzo, una delle prime filande a utilizzare la caldaia a vapore per riscaldare fornelli e per fornire forza motrice.
Città-fortezza a pianta stellare a nove punte, ha al centro piazza Grande, esagonale e molto ampia ed è uno dei gioielli delle terre di Udine. Sorta nel 1593 dalla Repubblica di Venezia, la località è Monumento nazionale dal 1960 e nel 2017 è entrata a far parte del Patrimonio Unesco nel sito transnazionale “Opere di difesa veneziane tra il XVI e il XVII secolo: Stato da Terra – Stato da Mar occidentale”. Sul giro dei bastioni della città, si aprono le monumentali porte Cividale, Udine e Aquileia realizzate dallo Scamozzi. Palmanova è da godere a piedi, lasciandosi guidare dalle sue strade e dalla bella piazza sulla quale si affaccia il Duomo, dalla candida facciata in pietra bianca d’Orsera e pietra grigia di Aurisina. Da vedere anche alcuni palazzi tipici veneziani che si aprono sulle larghe vie della città, per esempio la Loggia dedicata ai caduti e il Palazzo dei Provveditori Generali. Da non perdere, il primo weekend di settembre, la grande rievocazione storica “A.D. 1615. Palma alle armi” nella quale oltre ottocento rievocatori in costume secentesco ricordano l'inizio della guerra degli Uscocchi tra l’Austria degli Asburgo e la Repubblica di Venezia, a cui Palmanova è appartenuta fino alla caduta della Serenissima per mano di Napoleone nel 1797.
A Sappada va in scena lo spettacolo delle Dolomiti. Famosa meta di turismo invernale ed estivo, affonda le sue origini nell’alto Medioevo, quando il Patriarca di Aquileia avrebbe chiamato in questa zona, allora disabitata, un gruppo di famiglie della Baviera. Ancora oggi, infatti, a Sappada si parla un antico dialetto tedesco. Oltre allo straordinario patrimonio naturalistico, Sappada vanta anche una particolare architettura rurale rappresentata da caratteristiche case di legno costruite con l’antica tecnica del blockbau. Tra le tradizioni locali, la più nota è il Plodar Vosenòcht, il carnevale sappadino, che impegna l’intero paese per tre domeniche e ha come protagonista la tipica maschera del Rollate. Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, Sappada è zona di itinerari naturalistici. Da non perdere, tra le tante mete, le Cascatelle di Mühlbach, raggiungibili attraverso un sentiero ricavato nella roccia che risale il rio dei mulini, i Laghi d’Olbe, l’Orrido dell’Acquatona e le Sorgenti del Piave.
Tra i borghi più belli d’Italia, il minuscolo centro di Toppo, nel comune di Travesio, conserva i resti del castello medievale che dominava la piana e l’abitato sottostante. Il complesso è un bell’esempio di architettura fortificata del Friuli. Nel 1220 erano otto masi (case rurali a conduzione familiare) a comporre il borgo di Toppo, per divenire, nel XVI secolo, venticinque. E’ da Palazzo Toppo Wasserman, originariamente un maso sviluppatosi poi nel Cinquecento in una dimora signorile di campagna, che inizia il percorso alla scoperta degli edifici originari del borgo, masi in sasso molto ben conservati. Nel piazzale davanti al Palazzo è visibile invece un palazzo del Seicento, con arco d’ingresso, bella residenza estiva dei conti di Spilimbergo. Da Toppo parte una bella ciclabile che porta al capoluogo Travesio, che custodisce una delle testimonianze più significative della pittura rinascimentale friulana, l’antica Pieve di San Pietro, dove sono custodite due opere del lapicida lombardo Giovanni Antonio Pilacorte: il portale interno della sagrestia, datato 1484, primo lavoro conosciuto del Pilacorte in Friuli, e un fonte battesimale. Alle pareti e nella volta del coro, invece, vi sono gli splendidi affreschi di Giovanni Antonio de Sacchis.