A casa di Pinocchio: “c’era una volta... Un re, diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”. Un incipit che dice tutto, e che tutti al mondo sanno: esordio della storia di quel pezzo di legno, e del borgo che gli ha dato vita, e senso, e gloria universale. Il fatto è questo: che se le favole fossero città, Collodi sarebbe capitale del mondo. Una frazione minuscola in quel di Pescia, ma maiuscola a un tempo, iscritta com’è a caratteri d’oro nel grande mistero del raccontare. Oggi il borgo nativo della madre di Carlo Lorenzini, autore di Pinocchio, è una teoria di case giù per la collina, a rincorrersi fin dal Medioevo in un gioco di tetti e facciate persi nel verde, strette tra la Rocca antica, la pieve di San Bartolomeo - lassù in cima - e villa Garzoni, col suo giardino due volte da fiaba. Un borgo che resta medievale nell’anima, tra pietre e strade tanto preziose da saper ispirare gatti e volpi, assassini e mangiafuoco, discoli e somari, grilli e fate, padri devoti e figli – per sempre – in divenire.
Ed è sulle orme del burattino più famoso al mondo, naturalmente, anche ogni passo che porta a Collodi. A partire dal Parco di Pinocchio, curatissimo nei suoi dettagli e capace di mettere in fila tutti i protagonisti della favola. Per di più, senza troppe diavolerie tecnologiche a disarmare la potenza degli archetipi nati da ogni pagina di Pinocchio, resi realtà nelle statue, nelle fontane e nei ghirigori di fiori e viuzze. Immerso in un bosco di lecci che avvolge una piazza delimitata da muretti sagomati, il Parco è l’opera collettiva e sempre “in progress” di grandi artisti, nata nel 1951 dall’idea dell’allora sindaco di Pescia, Rolando Anzilotti, che chiamò a lavorare scultori del calibro di Emilio Greco, con Pinocchio e la Fata, e Venturino Venturini, con la Piazzetta dei Mosaici. Si aggiunsero poi, negli anni, il gruppo bronzeo con la metamorfosi di Pinocchio, i mosaici, l’Osteria del Gambero Rosso, il Paese dei Balocchi, il Pescecane e il Laboratorio delle Parole e delle Figure.
Altra meraviglia di Collodi è villa Garzoni. Che con Pinocchio condivide il Dna onirico e ancestrale, ma non la storia. Anche se qui ha lavorato da ragazza la madre di Carlo Lorenzini-Collodi, Angiolina Orzali, che qui ha conosciuto il futuro marito Domenico. Ma la villa risale al XVII secolo, prima di ogni burattino incline alle bugie, ed è opera dell’architetto Ottaviano Diodati. Lo splendido edificio, interamente decorato con stucchi e affreschi, non è purtroppo visitabile: fatto, quest’ultimo, che non impedisce di coglierne da fuori l’intatta maestà. Dietro alla villa, un’altra costruzione color rosso vivo, del maestro messinese Filippo Juvarra, è tra le massime espressioni di architettura barocca in Toscana e introduce all’altrettanto barocco Giardino, uno dei più belli d’Italia. Anch’esso opera di Diodati, il giardino a terrazze fa bella mostra di sé tutt’intorno alla colossale scalinata a doppia rampa, fra spruzzi d’acqua, specchi e labirinti. E ancora grotte, teatri di siepi di bosso, statue mitologiche, satiri e donzelle, pavoni e foreste di bambù. Pura fantasia al potere.
E poi ci sono le farfalle. Sempre all’interno del Giardino Garzoni, la Butterfly House è la casa di una lunga serie di farfalle – grandi e piccole, notturne e diurne, variopinte e monocromatiche – che volano libere tra il verde, negli ambienti ricreati ad hoc per riprodurre clima e caratteristiche di Amazzonia, Tropici, Africa e Oriente. Ma Collodi è una favola anche per chi ama lo sport. È da qui, infatti, che parte la Via della Fiaba, un percorso tra i boschi e i panorami mozzafiato di questo angolo di Toscana, che si può affrontare anche in bicicletta, a patto di non essere dei principianti. O dei Lucignoli. Il sentiero parte dal centro di Pescia, da via Sismondi, salendo poi per le colline di Monte a Pescia, dove poi prosegue per Tignano di Sopra, Fonte di Viamaggio, Cella di Sopra, per arrivare a Collodi Castello e proseguendo poi nella parte bassa del paese. Da qui la Via della Fiaba si ricongiunge a Pescia attraverso Marsalle e Pietra Munita.
di Gianluca Miserendino