Novembre è un mese suggestivo per mettersi in viaggio. È un mese fatto di atmosfere, dove il turismo di massa è lontano e si può godere di ritmi che conducono al turismo slow, con esperienze più intime. Un periodo che è un vero tesoro per chi è a caccia di sapori autentici e qualche assaggio originale. Per non dimenticare sagre e mercatini, che a fine mese cominciano ad annunciare l’arrivo dell’inverno e del Natale. Le sagre e i borghi italiani ci ricordano che ogni punto geografico su una mappa e in ogni periodo dell’anno ha uno street food particolare e che ogni Pro Loco e associazione, per preparare alcuni piatti caratteristici, custodiscono tenacemente più di un segreto. Sono queste le prerogative perfette per immergersi in un viaggio del gusto o per programmarne uno. Il cibo da strada italiano è davvero una sorpresa che non finisce mai.
La Val Vigezzo è magica in questo periodo dell’anno e, se si è fortunati, ci può essere anche la neve. Santa Maria Maggiore è il suo cuore pulsante e qui, in autunno e a settembre, si tiene da decenni una manifestazione folcloristica davvero particolare: il “Raduno internazionale dello spazzacamino”. Ma perché proprio qui? Perché la Val Vigezzo in passato è stata la patria dei numerosissimi bambini che sono partiti per l’Europa e non solo per praticare questo durissimo mestiere. A loro, per ricordarli, Santa Maria Maggiore ha dedicato una scultura e anche un museo che ne racconta la storia. Con l’avvicinarsi dell’inverno la località si riempie di manifestazioni e mercatini locali. È anche un’occasione ghiotta, in ogni senso, per assaggiare lo “stinchett” della Val Vigezzo, uno street food locale davvero gustoso. Si tratta di piadine sottilissime, quasi trasparenti, che vengono preparate anche per strada, fatte con farina e acqua e condite con burro e sale. Sono tipiche della tradizione povera ossolana e in particolare di questa valle. La parola “stinchett” pare derivi dal tedesco “Steinkuchen”, che significa “dolce cotto sulla pietra”. Infatti, queste focaccine vengono preparate su una particolare piastra chiamata “testo”.
Insomma, non solo panini e polpette. Il cibo da strada e i suoi ingredienti ci sorprendono anche nei luoghi più inaspettati. A un mercatino di casette di legno in montagna oppure percorrendo le vecchie strade dei pastori, in Molise, rotolando qualche centinaio di chilometri più a sud, verso il centro Italia. In qualche borgo di impareggiabile bellezza o percorrendo gli antichi tratturi, le “autostrade” delle greggi durante la transumanza, potreste in questo periodo dell’anno sentirvi lontani da tutto e da tutti e imbattervi anche in una saporita e speziata specialità a base di carne e avvolta in foglie di vite. È la “pampanella”, l’antico street food dei pastori. Si dice, infatti, che fossero loro a mangiarla mentre trasportavano le loro greggi, perché questo cibo si presta a essere consumato anche freddo. E caldo, in questo periodo, è una coccola per il palato. A San Martino in Pensilis, borgo medievale di nemmeno 5mila abitanti, in provincia di Campobasso, c’è una sagra dedicata alla specialità molisana, che qui si è guadagnata la De.Co, la denominazione comunale.
Tutelare un prodotto tipico con un marchio e un disciplinare significa tramandare sapori e memorie. In Basilicata è stata inserita nei Prodotti Agroalimentari Tradizionali la “carchiola lucana” di Avigliano. Figlia della penuria di un tempo, questa focaccia azzima con farina di mais e poco altro è oggi uno street food ricercato, da assaporare, magari, dopo aver visitato lo splendido castello locale e da abbinare con prodotti stagionali. Da gustare per strada, in un ristorante ricercato, in una caratteristica osteria. Magari anche con il caciocavallo lucano, un altro “re” del cibo da strada, nato con quella forma perché era comodo da appendere e trasportare. Sapori che continuano a viaggiare, nei ricordi, dopo averli assaggiati.
Di Alessandra Favaro