Eccellenze enogastronomiche la cui fama ha valicato i confini della Penisola, una natura preziosa da scoprire con i ritmi slow della bicicletta o delle passeggiate, borghi affascinanti dove il tempo sembra essersi fermato, paesaggi fluviali di raro fascino: questi gli ingredienti del bien vivre che caratterizza l’intera Emilia-Romagna, ma in modo particolare le zone della “Bassa” ovvero le aree pianeggianti e preappenniniche delle province di Parma e Reggio Emilia. Un itinerario da queste parti, infatti, non può prescindere dall’assaggio dei prodotti locali, dal Parmigiano Reggiano delle Vacche Rosse all’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia; dai diversi salumi locali – Culatello e spalla cruda e cotta in primis – da gustare insieme al goloso gnocco fritto o torta fritta a seconda della provincia in cui ci si trova, al trionfo di tortelli, cappelletti e ravioli; via via fino alla dolce Anguria Reggiana e alla Spongata, l’irresistibile crostata di frutta secca che campeggia sulle tavole soprattutto a Natale. Il tutto, ça va sans dire, accompagnato dal re dell’enologia locale, il frizzante Lambrusco – nelle sue varianti secco e amabile – seguito dalla versione ottenuta dall’uva Fogarina – un vitigno storico della zona riscoperto di recente – e dal Fortana del Taro un rosso frizzante a bassa gradazione amato – e prodotto – anche da Guareschi.
Partiamo per il nostro itinerario seguendo lo scorrere lento del Po, che disegna un arazzo di pontili, scenografici porticcioli – dove attraccano perlopiù barche da diporto – e graziosi lidi, spesso incastonati in una natura esuberante, che l’uomo non ha cercato di addomesticare ma solo di rendere fruibile con piacevoli percorsi ciclopedonali e sentieri panoramici. Il punto di partenza ideale è Luzzara, nei pressi della “golena” – ovvero di quella zona che viene saltuariamente allagata durante le alluvioni, evitando così che il corso d’acqua si ingrossi troppo facendo danni – con il suo grazioso Porto della Garzaie, la Cava Luccio, un laghetto artificiale per l’estrazione dell’argilla, e la Via Alzaia, lungo l’argine: quest’ultima, costruita nel 1926 per incanalare il Po e renderlo navigabile, consente oggi di fare lunghe passeggiate ammirando il fiume e il suo delicato ecosistema. Anche l’abitato di Luzzara merita una visita, con la sua svettante torre – è alta 55 metri – dalla quale, nelle giornate terse, lo sguardo corre fino a Mantova e a Reggio Emilia –, il sobrio teatro ottocentesco e il Centro Culturale Zavattini, dedicato proprio al grande artista.
A breve distanza da Luzzara – e comodamente raggiungibile in bicicletta – si incontra Guastalla, con il suo splendido palazzo Ducale di origini quattrocentesche, il prezioso duomo – pregevoli le opere d’arte custodite al suo interno, tra le quali una statua in cedro della Madonna del Castello e una Madonna col Bambino su tela di scuola emiliana e risalente al 1620 circa –, l’ultramillenaria basilica della Pieve, al cui interno sono ancora visibili affreschi realizzati tra il XIII e il XV secolo, e con i resti del famoso ponte di barche che attraversava il Po. La pista ciclabile prosegue poi nei confini di Gualtieri, agglomerato annoverato tra i Borghi più Belli d’Italia che vanta, oltre al suo particolarissimo centro storico su cui si affaccia lo splendido Palazzo Bentivoglio, due oasi naturalistiche di raro fascino – soprattutto perché la natura è qui lasciata evolvere in modo spontaneo e… “naturale” –: la Riserva del Caldaren, con 32 specie diverse di alberi, una ricca avifauna – si possono avvistare aironi cinerini, folaghe e gallinelle d’acqua – e una fauna altrettanto ricca, con ricci, donnole e volpi; e l’Isola degli Internati, il cui nome si riferisce a quando, finita la Seconda Guerra Mondiale, questo lembo di terra fu affidato a 15 uomini del paese sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti.
Sempre lungo la ciclabile e sempre costeggiando il Po si arriva a Boretto, patria di una delle prelibatezze della tavola reggiana, la Cipolla Boretana, perfetta come antipasto ma anche nei piatti più ricercati. Qui, oltre alla splendida natura, meritano la visita ben tre musei: Casa dei Pontieri, dove trovare foto e cimeli dedicati all’ultimo ponte di chiatte sul Po, rimasto attivo fino al 1967; l’interessantissimo Museo Multimediale della Bonifica, allestito nella chiavica del paese; e PO432, il Museo del Po e della Navigazione: a 432 chilometri dalla foce del Po sul Monviso, un museo di archeologia industriale dove osservare i macchinari usati per mantenere puliti i fondali e regolare la navigazione. Ancora una manciata di chilometri e si arriva a Brescello, il “piccolo mondo” descritto da Guareschi: passeggiando per il raccolto centro storico, capiterà sicuramente di riconoscere qualche scorcio immortalato nei film che hanno ripreso le vicende di Don Camillo e Peppone, mentre per chi desidera rilassarsi è perfetta una sosta nella riserva rinaturata sulla foce del fiume Enza, tra pioppi, aceri, ontani e sambuco. Le bellezze naturalistiche della zona non si fermano certo qui: la Cava “Enza Morta” e la Cava “Foce Enza”, insieme al nuovissimo sentiero CAI 672, la Via della Libertà – da Brescello a Cerezzola –, offrono scorsi e paesaggi incontaminati e unici.
Allontanandosi – momentaneamente! – dal Po, meritano una visita tre borghi deliziosi, il primo dei quali è Reggiolo, con la sua rocca medievale ancora ben conservata e l’imponente palazzo Sartoretti, di fattura settecentesca e recentemente restaurato. Un paesaggio di canali, fossati, bacini e campi coltivati conduce poi a Novellara – siamo nell’area di origine paludosa conosciuta come le Valli di Reggiolo e Novellara – con la magnifica rocca dei Gonzaga, edificata a partire dalla fine del Trecento e trasformata poi in un più aggraziato castello rinascimentale, e con una serie di sentieri immersi nella natura – scenografico il CAI 608, lungo una decina di chilometri –, da percorrere a piedi o in bicicletta. Anche il poco distante Poviglio merita un cenno per i vasti scavi archeologici – visitabili in agosto, quando sono in corso le attività di scavo – che hanno riportato alla luce diversi reperti di epoca romana e preistorica a oggi conservati all’interno del Museo della Terramara. Tutti questi reperti sono stati ritrovati alla Terramara di Santa Rosa, considerata uno dei principali scavi preistorici in ambito europeo: insediamenti residenziali, tombe, resti di una strada romana e numerose suppellettili.
Il nostro itinerario ritorna lungo il grande fiume e lascia la provincia di Reggio per entrare in quella di Parma a Sorbolo Mezzani. Qui, la Riserva Naturale Orientata Parma Morta – sorta su un ramo del fiume Parma abbandonato – è una preziosa zona umida dove la biodiversità regna sovrana e nei cui pressi si trova anche il porto turistico Fluviale, dove attraccare con la barca o sostare in camper per un paio di giorni e approfittare, magari, per visitare anche la collezione di gessi di Luigi Froni, artista originale e scultore incompreso. Una manciata di chilometri e si arriva a un’altra perla del territorio, Colorno, famosa per l’imponente e bellissima reggia che nel Settecento si guadagnò l’appellativo di “Versailles dei Duchi di Parma” per la sua sontuosità. Qui merita una visita anche il Mupac, il Museo dei Paesaggi di Terra e di Fiume, mentre non si può lasciare il paese senza aver assaggiato il locale Tortel Dols, un primo piatto invernale di tortelli dal ripieno agrodolce, risalente all’epoca della Duchessa Maria Luigia d’Austria.
Da Colorno a Busseto, una pista ciclabile di circa settanta chilometri si snoda tra alcuni dei centri più scenografici di quella che non a torto viene definita la Food Valley – è un progetto recente, proprio la ciclovia Food Valley Bike –: siamo infatti nelle terre del Parmigiano Reggiano, ma anche del raffinato e famoso Culatello di Zibello, nonché della Spalla Cotta di San Secondo Parmense – una specie di coppa realizzata ancora interamente a mano, da gustare sia calda sia fredda – e della Spalla Cruda di Palasone, presidio slow food e salume di origini antichissime: i primi riscontri storici risalgono al 1170. Se la tavola è quindi protagonista, anche la bellezza del territorio non è da meno: a San Secondo, oltre alla quattrocentesca rocca dei Rossi e al seicentesco oratorio della Beata Vergine del Serraglio, è la pieve di San Genesio ad affascinare: l’antica chiesa, infatti, sorge isolata tra campi e canali, in un contesto simile alla campagna medievale in cui venne originariamente costruita. Antichissima anche la chiesa della Madonna della Visitazione situata direttamente a ridosso dell’argine del Po a Polesine Zibello e salvata per un prodigio dalla violenza delle acque durante un’alluvione.
Ancora una manciata di località meritano un cenno sia per la bellezza del contesto naturalistico nel quale sono incastonate, sia per la rilevanza dei lasciti antichi dei loro centri storici. A Sissa Trecasali, per esempio, oltre al porticciolo turistico-ricreativo e al centro storico dominato dalla poderosa rocca dei Terzi, è possibile fare rigeneranti passeggiate alla scoperta dei fontanili e delle risorgive della zona. A Roccabianca, invece, la sosta è d’obbligo per visitare il Museo del Piccolo Mondo – protagonista dei libri di Guareschi –, la casa dello scrittore e la chiesa di San Martino, il possibile modello di ispirazione della chiesa di Don Camillo. Last but not least, la tappa finale del nostro viaggio è Busseto, paese che deve la propria fama al suo cittadino più illustre, Giuseppe Verdi. Qui, nella superba villa Pallavicino, residenza nobiliare estiva cinquecentesca, ha sede il museo dedicato al grande compositore, mentre nella medievale chiesa di San Michele Arcangelo, Giuseppe Verdi venne battezzato e si esercitava suonando l’organo e infine nel neoclassico palazzo Orlando – che acquistò con la prima fortuna economica – Verdi compose, tra le altre, Rigoletto e convisse con Giuseppina Strepponi, dando scandalo. In località Roncole Verdi, invece, si trova la modesta casa natale di Verdi, oltre alla Casa Museo Guareschi, allestita in un ex ristorante comprato e gestito dallo scrittore stesso.
Di Simona PK Daviddi