Sono nate cinquant’anni fa, quando parole come sviluppo sostenibile, biodiversità e cambiamento climatico non erano ancora entrate a far parte del linguaggio comune. Sono le Riserve della Biosfera, territori scelti dall’Unesco come esempi virtuosi di sviluppo socioeconomico e conservazione degli ecosistemi e della biodiversità. Il programma “MaB-Man and the Biosphere” venne lanciato nel 1971 e all’inizio comprendeva 14 aree che divennero presto dei laboratori a cielo aperto dove promuovere su base scientifica un rapporto equilibrato tra uomo e natura e le buone pratiche dello sviluppo sostenibile. Cresciuto nel corso dei decenni, il network mondiale delle Riserve della Biosfera comprende ecosistemi terrestri, marini, lacustri, fluviali e costieri che oggi costituiscono una rete internazionale dinamica e interattiva di siti di eccellenza. L’ultima new entry, la Riserva del Monte Grappa.
Ma cosa distingue una Riserva della Biosfera da un parco nazionale o da un’area protetta? Mentre queste ultime sono dei territori circoscritti dove l’attività dell’uomo è esclusa o è ai margini, nelle Riserve non solo le comunità locali hanno un ruolo attivo, ma il paesaggio è anzi disegnato e plasmato dalla mano dell’uomo. Le Riserve vanno infatti oltre il semplice concetto della protezione e della valorizzazione, perché sono concepite come laboratori territoriali, delle casseforti di risorse umane e naturali da proteggere e valorizzare proprio perché interconnesse. Sono luoghi abitati da uomini e donne, un prezioso capitale umano che mette in campo ingegno, creatività, cultura e si attiva in modo concreto per portare avanti progetti che promuovono un equilibrio duraturo tra le necessità di conservazione della diversità biologica e lo sviluppo socio-economico. Aree, insomma, dove le pratiche di utilizzazione sostenibile delle risorse sono non solo consentite, ma incoraggiate e sviluppate.
Dalle Dolomiti al Circeo, dalla Sila al Delta del Po. Sono venti le riserve italiane comprese nel programma MaB dell’Unesco. Nel nostro paese coprono una superficie complessiva di oltre tre milioni di ettari, comprendono quasi novecento comuni nei quali risiedono stabilmente oltre sei milioni di abitanti. Designata nel 1977, la prima Riserva della Biosfera di casa nostra è quella di Collemeluccio-Montedimezzo in provincia di Isernia, nel Molise. Un vero paradiso ecologico che annovera foreste e sentieri popolati da oltre novecento specie vegetali e quasi duecento specie animali differenti. Ma anche siti archeologici e luoghi artistici come il santuario Italico di Pietrabbondante, visitato ogni anno da migliaia di turisti. L’ultima a entrare nel network dell’Unesco è invece la Riserva della Biosfera del Monte Grappa, in Veneto, un’area di circa 66mila ettari che tocca 25 comuni delle provincie di Belluno, Treviso e Vicenza. La decisione è stata presa lo scorso 15 settembre dal Consiglio internazionale MaB Unesco, che ha anche accolto positivamente l’estensione della Riserva MaB Appennino tosco-emiliano, che ora comprende anche la Liguria e ottanta comuni.
La Riserva prende il nome dal Massiccio del Monte Grappa, teatro di scontri decisivi nel corso della Prima Guerra Mondiale, conosciuto anche per il colossale sacrario militare a 1.776 metri di quota che contiene i resti dei soldati italiani e austroungarici assieme a un museo dedicato alle vicende belliche. La nuova Riserva MaB del Monte Grappa racchiude però ambienti ed ecosistemi diversi: ci sono i sentieri di montagna costellati dai “fojaroi”, antichi casolari capolavori assoluti di biotecnologia, il cui tetto è coperto di rami di foglie di faggio. E poi le aree collinari ornate dai filari ordinati da cui si ricava il Prosecco Docg. La Riserva del Monte Grappa è un compendio della ricchezza di paesaggi e di ecosistemi di questo territorio stretto tra i fiumi Piave, a est, e Brenta, a ovest, tra l’arco alpino orientale e la Pianura Padana, tra climi ed ecosistemi diversi, tra culture ed economie interconnesse. Il riconoscimento dello scorso 15 settembre non rappresenta, però, un punto di arrivo, ma l’impegno nel proseguire nel solco di una crescita sempre più sostenibile.
Di Amina D’Addario