Inespugnabile, minaccioso, affascinante, misterioso: gli aggettivi per definire San Leo sono molteplici, tanti quante sono le prospettive dalle quali lo scenografico – e bellissimo – borgo ammicca al visitatore, fin dal suo primo apparire, all’orizzonte, somigliante quasi a una nave immersa nel verde della florida natura circostante. Siamo in Romagna, nell’entroterra riminese e nel cuore della Val Marecchia e l’inconfondibile sperone roccioso sul quale si erge San Leo troneggia a 583 metri sul livello del mare, consentendo allo sguardo di raggiungere l’azzurro Adriatico, ma anche la più vicina Repubblica di San Marino. Scavata nella roccia è anche l’unica strada che consente l’accesso all’abitato – l’intero masso roccioso è a tutt’oggi assolutamente inespugnabile –, le cui case in pietra sono raccolte a gomitolo ai piedi della salita che conduce all’imponente forte, strategico punto di difesa risalente al VI secolo, quando il territorio era teatro delle guerre tra bizantini e goti.
Le radici di San Leo si perdono nella notte dei tempi e il suo territorio narra di storie, battaglie, eventi leggendari e “visite illustri” che si sono succedute nei secoli. A iniziare dal nome stesso, o meglio, dai nomi che ha assunto il borgo: quello attuale, infatti, racconta di quando San Leone, nel III-IV secolo d.C., giunse da queste parti e iniziò a diffondervi la dottrina cristiana mentre il nome originario, Montefeltro, narra di quando l’agglomerato era la capitale della fiorente contea di Montefeltro, rivestendo addirittura il ruolo di Capitale del Regno Italico dal 962 al 964, nominato da re Berengario II, che si rifugiò nella fortezza per resistere all’assedio di Ottone I, imperatore del Regno Germanico. Non solo: l’etimologia, rimanda direttamente a Mons Feretrus e quindi all’Impero Romano, che qui consacrò un tempio a Giove Feretrio. Ça va san dire che ebbe origine qui anche la signoria dei duchi di Montefeltro, che ricopriranno un ruolo da veri protagonisti per lo sviluppo delle arti e della cultura durante il Rinascimento, distinguendosi come mecenati illuminati e ospitando presso la loro corte – nel frattempo trasferitasi a Urbino – letterati e artisti provenienti da ogni dove.
Non solo battaglie e assedi: San Leo ha visto anche la presenza di grandi personaggi della storia, come san Francesco, che proprio qui ricevette in dono il Monte della Verna dal conte Orlando di Chiusi – siamo nel 1213 e la stanza dove avvenne l’incontro tra i due uomini è ancora visibile –; o come il sommo Dante Alighieri (nel 1306), che lo cita addirittura nella Divina Commedia e precisamente nel IV canto del Purgatorio: “Vassi in Sanleo e discendesi in Noli…” alludendo all’impervia salita che conduce al borgo. Anche il Bembo “passò da queste parti” e lasciò una sua, memorabile, definizione della roccaforte: “fortissimo propugnacolo e mirabile arnese di guerra”. Illustri anche le famiglie che hanno annoverato San Leo tra i propri possedimenti, sconfiggendosi tra loro durante il lungo periodo delle signorie e dei ducati: dai Malatesta ai Borgia – Cesare Borgia in persona si impadronì della fortezza nel 1502 – dai già citati Montefeltro ai Della Rovere e ai De’ Medici, fino al 1631, quando il Ducato di Urbino cedette il forte allo Stato Pontificio, che ne fece una prigione, dove terminarono i propri giorni, tra gli altri, Giuseppe Balsamo, alias Cagliostro (nel 1795) e il patriota risorgimentale Felice Orsini (1844).
È l’intero agglomerato di San Leo a essersi guadagnato, oltre alla Bandiera Arancione del Touring e al novero tra i Borghi più belli d’Italia, la “nomina” di Umberto Eco a “città più bella d’Italia”. E in effetti, oltre all’imponente forte, il borgo merita una passeggiata tra le sue stradine per ammirare altri pregevoli tesori, a iniziare da quelli che prospettano nella centrale piazza Dante: la pieve romanica di santa Maria Assunta – il più antico edificio religioso non solo di San Leo, ma di tutto il Montefeltro, che la leggenda vuole costruita dallo stesso san Leone –; il rinascimentale Palazzo Mediceo, la residenza dei conti Severini-Nardini (che ospitò san Francesco), l’elegante palazzo Della Rovere, che incorniciano quasi a corona una splendida fontana classica, centro simbolico di San Leo. Ad appena una manciata di passi, meritano una visita anche la torre Civica – quadrata fuori ma circolare dentro, che svetta altissima sulle case – e il maestoso duomo romanico-lombardo di san Leone, edificato nel 1173 su un edificio religioso risalente al IX secolo.
Una storia così densa di accadimenti, in un borgo tra i più scenografici della Penisola, posto nella regione che ha fatto del bien vivre uno stile di vita, non poteva che dar vita a un calendario ricchissimo di eventi, che scandiscono l’avvicendarsi dei mesi. Dal 2 al 24 luglio, per esempio, si è svolto il “San Leo Festival”, che ha proposto al pubblico un nutrito programma di concerti, master class e seminari, oltre al Campus Nazionale dei Licei Musicali (www.sanleofestival.it). La musica è stata poi ancora protagonista delle serate leontine di luglio e agosto con i concerti di “Andrà tutto in Musica”. A fine agosto, invece, è stata protagonista la vicenda di Cagliostro (morto il 26 agosto nella roccaforte) con “Alchimie Alchimie”, con giochi pirotecnici che hanno illuminato il cielo del Montefeltro. E poi, ancora, iniziative dedicate a Dante Alighieri e incontri sportivi legati alle più diverse discipline, fino ad arrivare all’autunno, quando sotto i riflettori sono gli eventi gastronomici, un’occasione perfetta per visitare San Leo e assaggiare le tipicità culinarie locali (www.san-leo.it).
Se fin qui vi abbiamo raccontato la storia e il passato di San Leo, ora vi narriamo il futuro, che vede il bellissimo borgo all’avanguardia nella differenziazione della propria offerta per soddisfare i gusti dei viaggiatori di oggi, alla ricerche di esperienze uniche, autentiche e personalizzate. Oltre al turismo slow, dunque, sarà “undertourism” la parola-chiave dei prossimi anni, che vedrà viaggi e vacanze alla scoperta di destinazioni insolite, fuori dalle mete classiche del turismo di massa, a contatto con la popolazione locale e rispettose dell’ambiente: San Leo non solo ha tutte le carte in regola per rispondere alle nuove esigenze turistiche, ma sta anche valorizzando quelle risorse che gli consentono di diventare meta perfetta per gli amanti della natura, per i bike-tourist che scelgono itinerari percorribili sulle due ruote, ma anche per chi ama i cammini e per chi vuole legare la vacanza ai sapori dell’enogastronomia locale. Il tutto immersi in un piccolo scrigno ricchissimo di opere architettoniche di fascino e ammantato di storia che ha il gusto della leggenda.
E a proposito di enogastronomia locale, anche in questo caso San Leo cala i suoi, golosissimi, assi – e non potrebbe essere altrimenti: non dimentichiamoci che siamo tra Emilia-Romagna e Marche! –. La pasta fresca è la protagonista indiscussa dei menu di ristoranti e trattorie, declinata in infinite varianti, – dai tortelli ai ravioli, alle tagliatelle – accompagnate da altrettanti infiniti condimenti – ragù di carne e cacciagione i più classici –, ma il piatto-simbolo della tradizione locale sono i tortelli ripieni con bietole e ricotta, gustosi e delicati al contempo. Tra i secondi, il coniglio con il finocchietto selvatico ha il posto d’onore, a cui si può far seguire un assaggio di formaggio alle foglie di noce, magari “addolcito” dal miele di San Leo, per terminare poi con un po’ di spianata dolce. Con tutte queste proposte allettanti, la tentazione di sceglierle tutte c’è: nessun problema, per non sentirsi appesantiti, basterà terminare il pasto con un bicchierino di Balsamo di Cagliostro, portentoso digestivo alle erbe spontanee.