Parlando di energia e relax mi è subito venuta in mente la mandorla; un alimento altamente energizzante ma, al tempo stesso, in grado di portare relax al nostro organism, sotto forma di olii non solo per massaggi, ma anche unito all’acqua durante il bagno (qualche goccia). Un elemento con tali proprietà benefiche non poteva non avere un’origine leggendaria. Infatti… E che leggenda! Una leggenda d’amore che ci riporta ai tempi della guerra di Troia. Una leggenda della quale esiste anche una versione di Omero. Una leggenda di compassione che vede una dea dare vita a un albero miracoloso. Iniziamo conoscendo i protagonisti.
Acamante era un prode eroe greco dall’ancor più eroico lignaggio. Era, infatti, figlio di Fedra e del grande Teseo. Dopo l’esilio del padre da Atene, crebbe con il fratello Demofonte in Eubea dove, in età adulta, divenne alleato del re Elefenore. Stando ad alcuni miti, pare che prima dell’assalto dei greci contro Troia Acamante e Diomede si diressero in questa antica città per chiedere la consegna di Elena (anche se Omero incarica di questo Menelao e Odisseo). La nostra storia, invece, vede Acamante in cammino verso Troia per prendere parte allo scontro a fianco dei suoi compagni greci. Lungo la strada, però, decise di fare una sosta di qualche giorno in Tracia, dove era il benvenuto a corte. Qui conobbe lei.
Fillide, figlia di Sitone, imperatore del regno di Tracia, era una bellissima principessa che, al primo incontro con il prode condottiero ateniese, se ne invaghì perdutamente e anche Acamante non resistette alla bellezza e al far gentile ed elegante di lei. I due si innamorarono follemente e decisero di sposarsi seduta stante. Ricevuta la benedizione dell’imperatore, Acamante e Fillide convolarono a nozze ed ella portò in dote al suo uomo il proprio regno.
I due passavano le giornate insieme ma il prode Acamante doveva anche prendere parte ai combattimenti a Troia: non poteva rimanere in Tracia e tradire la fiducia degli eroi ateniesi che lo aspettavano. Con il cuore spezzato, promise alla dolce Fillide che sarebbe tornato una volta vinto il nemico. Le chiese di aspettarlo fedelmente, perché lui sarebbe indubbiamente tornato. La giovane principessa acconsentì amaramente ma era così forte il suo sentimento per il prode che pensò di poter affrontare quel periodo di solitudine. E Acamante partì alla volta di Troia.
Gli anni passavano ma le notizie dal fronte erano frammentarie. Sebbene inizialmente la pazienza e la forza d’animo della bella Fillide fossero fedeli ai suoi buoni propositi, con il passare del tempo la solitudine si fece sentire sempre più. Ogni giorno la principessa di Tracia andava sulla riva del mare in attesa di scorgere la nave del suo sposo ma quotidianamente tornava al castello sempre più sconsolata. Nel frattempo, a Troia le fasi della guerra volgevano al termine. Acamente, che aveva partecipato al trucco del cavallo escogitato dall’Odisseo (Ulisse), era anche riuscito a mettere in salvo sua nonna Etra (madre di Teseo) che era prigioniera a Troia quale domestica di Elena. Acamente si apprestava a tornare dalla sua amata ma, a causa di un guasto, la sua imbarcazione fu costretta a rimanere in porto ancora per qualche giorno.
Intanto in Tracia iniziarono ad arrivare le prime imbarcazioni greche da Troia. “La guerra è finita” si diceva. Si raccontava dello stratagemma del cavallo, della schiacciante vittoria, dei vari episodi e dei vari eroi mitologici che vi presero parte, ma Acamante ancora non si vedeva. Per qualche giorno la principessa insistette ad attendere lungo la riva del mare, ma invano. Acamante non appariva all’orizzonte e la disperazione della povera Fillide era ormai al culmine: pensando che il suo prode fosse morto in qualche misterioso avvenimento, la principessa morì.
La triste storia d’amore non era sfuggita agli occhi della dea Atena che la seguiva dall’alto dell’Olimpo. Impietosita, la sposa di Zeus decise di dare alla povera principessa una sorta di immortalità trasformando la salma in un albero di mandorle. Era inverno e quell’albero era ancora senza alcun fiore. Il vederlo così spoglio, con quei rami secchi che sembravano quasi tendere verso in basso, dava una vaga sensazione di tristezza ai passanti che vedevano per primi quell’albero. Passò non più di un giorno e la nave di Acamante raggiunse la Tracia: il prode, quindi, corse subito alla ricerca della sua sposa. Ignaro del triste avvenimento, non vedeva l’ora di riabbracciare la sua amata e durante la ricerca passò davanti al triste mandorlo. Si accorse subito che quell’albero era, in realtà, la donna che tanto amava e scoppiò in un drammatico pianto. Spinto da un senso di dolore incontrollabile, il prode si avvicinò al mandorlo e lo strinse tra le sue braccia con una tale tenerezza che quando le sue lacrime toccarono la fredda corteccia, quei rami che sembravano tendere verso il basso si rinvigorirono e si riempirono miracolosamente di bellissimi fiori. Ancora oggi l’abbraccio dei due innamorati è visibile quando i rami di mandorlo fioriscono, testimoniando l’amore eterno tra Fillide e Acamante.