Quel tratto della costa siciliana che va da Aci Castello ad Acireale, disegnata dalle colate di lava dell’Etna e forgiata dalle onde del Mediterraneo, affonda le radici negli antichi miti greci e ha ispirato personaggi del calibro di Giovanni Verga e Luchino Visconti. La riviera dei Ciclopi prende il nome dalle isole antistanti, un piccolo arcipelago compreso in un’area Marina protetta formato da sei faraglioni e dalla disabitata isola Lachea e si narra siano le pietre che il ciclope Polifemo scagliò contro Ulisse, in fuga dopo averlo ingannato e accecato. La meta per eccellenza della riviera dei Ciclopi è il borgo marinaro di Aci Trezza, nel territorio comunale di Aci Castello. La ripetizione del prefisso Aci nei toponimi della zona deriva dal fatto che qui sarebbe vissuto il pastore Aci, un bellissimo giovane innamorato della ninfa Galatea e per questo ucciso da Polifemo, geloso della fanciulla. Il sangue del pastore, per intercessione delle ninfe, sarebbe stato trasformato in un fiume che portava il suo nome, oggi tradizionalmente identificato con il torrente Lavinaio.
Da sempre centro di grande tradizione peschereccia, nel borgo di Aci Trezza lo scrittore Giovanni Verga scelse di ambientare le vicende del suo romanzo più famoso, “I Malavoglia” (1881), opera che ha ispirato successivamente il film “La terra trema” (1948), del regista Luchino Visconti. Attorniato dal Monte Fano e dal Monte Fanello, il borgo merita una visita per la secentesca chiesa di San Giovanni il Battista, con la sua facciata barocca, la Fattoria del Feudo con il suo antico frantoio, la stalla e la limonaia, e Casa Merra, un palazzetto anticamente usato come Locanda che si trova vicino al porto antico. La Torre dei Faraglioni è l’unica superstite dell’antico sistema difensivo, le cui basi poggiavano su ruderi addirittura di epoca romana o bizantina, e ancora oggi ricorda l'epoca della incursioni piratesche. Assolutamente da vedere, nel borgo, è la casa del Nespolo, che sarebbe stata abitata dai Malavoglia di Verga. La piccola abitazione, risalente al diciottesimo secolo, ospita oggi un museo dedicato al film di Visconti e alla tradizione peschereccia del borgo.
Risalendo il litorale, ecco Capo Mulini, una tappa nella natura incontaminata, nei colori e nei profumi della macchia mediterranea. Capo Mulini prende il nome dai Mulini che anticamente venivano usati dalle numerose concerie del luogo e si presenta come un affascinante porto naturale, con la cinquecentesca chiesa di Santa Maria e la coeva torre Sant'Anna, un tempo adibita all'avvistamento delle navi dei pirati che oggi ospita un faro. A breve distanza si trova la contrada della Gazzena, compresa nella riserva naturale della Timpa, dove è possibile effettuare un percorso - non è necessaria una particolare preparazione fisica - che si sviluppa per circa 1700 metri attraverso una tipica strada di campagna. Lungo il tragitto si incontrano pozzi, casolari e infine Villa Calanna, una grande dimora patrizia che rappresenta ancora un mirabile esempio di architettura rurale. Da alcuni pianori, infine, è possibile osservare la distesa della macchia mediterranea che si apre sull’azzurro del mare, respirando il profumo degli arbusti selvatici tra i quali il sommacco.
Ai piedi della riserva della Timpa si trova infine il borgo marinaro di Santa Maria la Scala, raggiungibile a piedi direttamente dal pianoro di Acireale tramite una scalinata, detta delle Chiazzette, che procede verso la costa attraverso otto tornanti in basilari lavici intermezzati da alcune piazzette panoramiche. La scalinata, che risale al Seicento, è immersa nella vegetazione mediterranea tipica della riserva: piante di cappero, di fico d’india e un monumentale platano di circa 150 anni. Lungo la discesa si incontra inoltre la seicentesca fortezza del Tocco. Dall’ultima rampa si possono scegliere due percorsi alternativi: il sentiero sulla destra porta alla spiaggia del Miuccio, mentre proseguendo dritti si arriva infine alla suggestiva piazza di Santa Maria la Scala. Nel borgo è ancora possibile osservare esperti pescatori che riparano le reti sotto al sole, o anziane tessitrici intente a ricamare.
In questo spaccato siciliano si può e si deve cogliere l’occasione per rigenerarsi alle terme di Acireale. Tradizionalmente si ritiene che siano state edificate già dagli antichi Greci, che le chiamarono Xiphonie, per essere poi ampliate dai Romani. Sul finire del 1800 il complesso è stato ricostruito in stile neoclassico e dedicato a Santa Venera, con terrazze panoramiche e un bellissimo parco, mentre un secolo dopo venne realizzato un secondo complesso, dedicato a Santa Caterina, nella frazione omonima. La dolcezza del clima mediterraneo consente di godere delle terme tutto l’anno, dedicandosi alle cure termali mentre si metabolizzano le immagini vivide e le sensazioni provate durante il viaggio, visioni di incomparabile bellezza.