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e-borghi travel 17, Speciale sport e natura: Leggende di una natura tra la magia e il mistero

La leggenda del pericoloso Bargniff

Attenzione ad andar di notte lungo le sponde acquitrinose del Po. Il rischio di incontrare il Bargniff è alto e questa creatura non perdona. C'è chi dice che si mostri con le sembianze di un enorme rospo, o di quelle di grosso un bue, o di quelle di un rospo grande quanto un bue, in ogni caso gli occhi del Bargniff sono rosso fuoco e già questo è monito di pericolo e malvagità. Chi si addentra nottetempo in queste lande lo fa a proprio rischio e pericolo, di soppiatto o di gran lena, comunque con orecchie tese, pronte a cogliere ogni minimo rumore e sopratutto i nefasti gracidii dai quali scappare a gambe levate. Ma di malcapitati ce ne sono stati molti che non sono riusciti a risolvere gli improbabili enigmi - per procedere il loro cammino - ai quali il Bagniff li sottoponeva. A risposta giusta, questi potevano proseguire il loro passaggio indenni. A risposta sbagliata, questi venivano trascinati nelle acque paludose e affogati tra molti tormenti. Attenzione quindi a non lasciar soli i piccoli in queste zone dopo il calar del sole o a non intraprender cammino lungo queste sponde. L'enigmatico mostro potrebbe esser già sulla vostra strada... Saprete dar la risposta giusta al suo quesito?

La leggenda delle ricchezze dei monaci di Santo Stefano in Manciano

Situata in un ambiente isolato e quasi completamente avvolta dalla vegetazione, oggi rimane ben poco di quella chiesa che fu edificata nel XII secolo sul colle di Santo Stefano a 527 metri di altitudine ma, questa, sembra nascondere un tesoro di inestimabile valore. Questo luogo è stato centro di numerose leggende sopratutto per la ricchezza dei suoi monaci. Sembra, infatti, che questi fossero molto ricchi e non solo grazie alle offerte dei fedeli. Forse grazie a qualche aiuto divino o a qualche tesoro da loro ritrovato, sta di fatto che i monaci di quella chiesa erano in possesso di un’inesauribile quantità di argento. Ne avevano così tanto che lo usavano anche per fabbricare i ferri degli zoccoli, gli ornamenti per i finimenti e le fibbie per le staffe dei loro cavalli. Cavalli che, così preziosamente bardati, parevano quasi magici, scintillanti di giorno ed evanescenti al chiarore della luna. La leggenda vuole che questi cavalli fossero invincibili e immortali, tanto che anche i lupi scappavano al loro cospetto. L'enorme ricchezza dei monaci di Santo Stefano in Manciano sembrerebbe far parte di un tesoro mai ritrovato e forse ancora oggi sepolto nelle rovine della chiesa. Un inestimabile tesoro di argento magico che potrebbe rendere invincibile chiunque ne venisse in possesso.

Le leggende della "grande" quercia toscana

Lungo la strada che da Collodi va a Lucca, in località San Martino in Colle, nel parco di villa Carrara, c'è una spettacolare e particolare quercia vecchia oltre 600 anni. Si tratta di un esemplare di roverella alto tra i 15 e i 24 metri, secondo per altezza in Toscana, che ha la particolarità di espandere la sua chioma in orizzontale invece che in verticale. Una leggenda, che dà all'albero l'appellativo di "quercia delle streghe", racconta che in passato (c'è chi dice anche ai tempi moderni) le streghe danzassero e facessero i loro riti proprio sui suoi rami, facendoli abbassare con il loro peso. Un'altra leggenda vuole che questo sia l'albero dove Pinocchio seppellì i suoi denari su consiglio del Gatto e della Volpe lungo la via verso il Paese dei Balocchi. Non solo: sembrerebbe che quello straordinario paese fosse, secondo Collodi, la rappresentazione del Settembre Lucchese, il mese durante il quale il territorio veniva festeggiato con diverse fiere. Questo indicherebbe che la "grande quercia toscana" sia proprio quella del libro. Ma attenzione, turista curioso! Lungo la sua lunga vita, lo straordinario albero ha rischiato più volte di morire: prima a causa di vandali, poi, durante la seconda guerra mondiale i nazisti lo volevano come legna da ardere, poi venne colpito da un fulmine, poi divenne colonia di insetti infestanti. Ma uno dei più grossi pericoli per l'albero, ai giorni nostri, è l'indebolimento delle radici a causa dei troppi turisti. Quindi invito a tener presente questo fatto quando vi avventurerete lungo cammini naturalistici di un certo fascino. La natura ringrazia.

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