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e-borghi travel 15, Speciale paesaggi 2020: Palawan, dove il reale supera il fantastico

Eletta “isola più bella del mondo” nel 2014 dai Travel Awards di Condé Nast e per altre tre volte dalla rivista Travel & Leisure, l’isola filippina già chiamata Pulaoan da Magellano, che vi sbarcò nel 1521, e oggi nota come Palawan, è al top fra sempre più rari paradisi naturali. Si tratta di un arcipelago (l’isola maggiore ha una lunghezza di 434 chilometri e una larghezza media di 39 chilometri) che costituisce il margine settentrionale del mare di Sulu, una porzione di Pacifico tra il mar Cinese meridionale e il mar di Celebes, in una diagonale quasi perfetta tra il Borneo, da cui dista solo 50 chilometri, e l'isola filippina di Mindoro. Sconosciuta fino a pochi anni fa, la ribalta a cui è stata portata dai media ne ha fatto esplodere la domanda turistica. Gli ospiti sono attratti dal suo immenso patrimonio naturalistico, ma anche dalla genuinità di borghi rurali abitati da un coacervo di differenti gruppi culturali ed etnici (ne sono stati censiti 87): piccoli agglomerati urbani realizzati con architetture e materiali singolari che fungono da punti di riferimento per il soggiorno e per organizzare le escursioni.

Puerto Princesa e i patrimoni Unesco

Collegato in aereo con Manila (circa 55 minuti di volo) il capoluogo di Palawan è Puerto Princesa, nome dato dagli spagnoli che governavano l'isola nella seconda metà dell'Ottocento in onore della principessa spagnola, Eulalia de Borbón, zia del sovrano Alfonso XIII. Il borgo originale conserva ancora la sua disposizione coloniale ispanica e alcuni dei (pochi) siti storici dell'isola: la Cattedrale, il Palawan Museum che raccoglie i reperti fossili delle grotte di Tabon, il Parco della Principessa Eulalia, il Parco Mendoza (eroe della resistenza locale) e Plaza Barracks (luogo di un eccidio avvenuto durante la seconda guerra mondiale). Ma Puerto Princesa è importante per le meraviglie del territorio in cui è immersa: barriere coralline protette, cascate e spiagge di sabbia bianca. E soprattutto per due formidabili aree dichiarate Patrimonio dell'Umanità: il Pambansang Liwasang Ilog sa Ilalim, parco nazionale dove scorre il più lungo fiume sotterraneo carsico navigabile del mondo, e il santuario marino della barriera corallina di Tubbataha, ricco di oltre mille variopinte specie animali marine e considerato il miglior sito per immersioni delle Filippine .

Taytay, le terre del nord

Il borgo di Taytay, “La estrella del norte”, si trova a 155 chilometri a nord-est di Puerto Princesa e  fu fondato nel 1623 sempre durante la colonizzazione spagnola della regione. A memoria della sua storia rimane la “Kuta”, nome locale della Real Fuerza y Presidio de Santa Isabel, un bastione costruito per la difesa di Taytay contro gli attacchi dei pirati mori di Jolo che combattevano contro le forze coloniali e la conversione al cristianesimo della popolazione indigena. È uno dei borghi più antichi di Palawan, ma come per Puerto Princesa la vera attrazione sono i paesaggi naturali del territorio che lo circondano. Si tratta di un serbatoio mondiale della biodiversità che comprende tartarughe marine, pesci, coralli e i delfini Irrawaddy, specie endemica in via di estinzione. Un paesaggio mutevole che passa dalle cascate nella giungla (Kuyawyaw Waterfalls), al grande lago Danao dove stanziano ben 124 diverse specie di uccelli tropicali, a isole plasmate in forme incredibili (Blanca, Taytay Castle Pabellon, Dinamayana, Nabat, Malutamban, Apulit, Ta Bonito Cave): distese di sabbia bianca, archi naturali, grotte carsiche, giardini di coralli sottomarini, lagune nascoste, insenature mozzafiato.

El Nido: i paesaggi dell’ultima frontiera

Nella punta più settentrionale di Palawan, in una baia riparata lungo una spiaggia a mezzaluna, si trova il borgo di El Nido: una chiesa, una manciata di case, piccole agenzie di viaggio, qualche hotel e ristoranti dove mangiare pesce freschissimo, pochi negozi e locali notturni, ma soprattutto un molo e molte barche. Si tratta delle tipiche imbarcazioni locali, costituite da uno scafo ligneo lungo e stretto, con due bilancieri a lato e un paio di panche per i turisti, che servono per raggiungere i veri monumenti di El Nido: quelli spettacolari costruiti dalla natura. Sono stati i fenomeni del carsismo a modellare questo territorio e a creare paesaggi strepitosi: imponenti scogliere di marmo e incantevoli lagune il tutto immerso in una lussureggiante foresta di mangrovie, punteggiata da grotte e cascate. Le sue coste da anni si aggiudicano il titolo di “spiagge più belle del mondo”, come cita Condé Nast Traveler per “lo straordinario scenario naturale e la ricchezza ecosistemica”. Un patrimonio da scoprire con immersioni che vanno da quelle presso le barriere coralline in acque poco profonde a quelle su pareti in profondità. Tra le tante particolarità da ammirare: i coralli a foglia di cavolo, i branchi di lutiani a strisce gialle, i pesci pipistrello, le tartarughe, le formazioni rocciose a North Rock e la galleria naturale lunga 50 metri a Helicopter Island.

Balabac: dove l’uomo e i suoi borghi svaniscono

Gli ultimi lembi di terra all’estremità meridionale di Palawan, ai confini col Borneo: un paradiso di acque turchesi, spiagge incontaminate, flora e fauna meravigliose e una popolazione dalla cultura locale intatta. È lo spettacolare arcipelago di Balabac: 13 isole e isolotti vergini remote e difficili da raggiungere (10 ore di viaggio in terra e in mare da Puerto Princesa) praticamente sconosciute al turismo. Il borgo di riferimento è la municipalità di Balabac, un minuscolo centro di pescatori dalle vecchie case di legno edificate su lunghe passerelle palificate sul mare. Da qui è possibile raggiungere barriere di sabbia bianca che affiorano da un mare cristallino. Un paradiso in cui è ancora presente la fauna primigenia: in mare vi sono vongole, tartarughe e stelle marine giganti, squali balena, razze, delfini, dugonghi, pesci sega, in cielo ecco  una variopinta avifauna endemica e, infine, sulla terra è presente il rarissimo “cervo topo” notturno.

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