Di corsa. Questo viaggio, per una volta, è di corsa, perché tra ortaggi e centri storici, monumenti e ricette, archeologia e mozzarelle, il Belpaese è generoso e si ha voglia di assaggiare il più possibile. Patrimoni materiali e immateriali, a partire proprio dalla Dieta Mediterranea, riconosciuta ufficialmente Patrimonio Culturale dell’Umanità con la sua pasta al pomodoro, il basilico, l’olio di oliva. Per il basilico è facile: corriamo in Liguria, dove c’è quello di Prà, il cru del basilico genovese, che dalle sue vescicolette emana un aroma intenso e inimitabile, zero mentolato. Per l’olio scegliamo la Toscana. Il borgo di Monteriggioni, porta del Medioevo in provincia di Siena, il cui centro storico è “sponsored by Unesco”, è la sede dell’associazione Nazionale Città dell’Olio, che promuove la cultura, il turismo e i territori dell’olio italiano. Tra gli Evo protetti dalla regione, assaggiamo quello del vigoroso olivo Quercetano, che un tempo aveva addirittura valore di moneta negli scambi commerciali tra i suoi produttori versiliesi e gli arabi. Un olio in via d’estinzione, sotto le ali di Slow Food.
Pizza! Non bisogna essere “in dolce attesa” per avere le voglie. Ogni cittadino italiano sa a cosa mi riferisco! “L'Arte dei Pizzaiuoli Napoletani” è diventata Patrimonio Immateriale dell’Umanità nel dicembre 2017. Curiosiamo tra i due ingredienti più iconici di questo amore nazionale: pomodoro e mozzarella. Il Disciplinare della pizza napoletana indica il pomodoro pelato San Marzano quale ideale. Ebbene, a lui è riconducibile il pomodoro pelato di Napoli, Prodotto Agroalimentare Tradizionale che arriva dall’Agro nocerino-sarnese, quel territorio a metà strada tra Salerno e Napoli dove si trova proprio il borgo di San Marzano sul Sarno, patria dell’omonimo frutto che lì oramai si coltiva solo a uso famigliare (il grosso della produzione è pugliese). In zona si coltiva anche la cipolla bianca di Pompei (la cui area archeologica è ovviamente marchiata Unesco), perfetta per insaporire la nostra pizza. E a proposito di mozzarella campana, conoscete quella "co' a mortedda" (nella mortella)?
La “mortedda” è il mirto, sempreverde ben diffuso tra i pascoli del Cilento, che i pastori utilizzavano per conservare la “mozzarella stracciata” – di forma oblunga, quasi piatta. Un formaggio a pasta filata squisito, da gustare immediatamente dopo averlo scartato dal suo involucro di mirto: ne conserva ancora l'impronta delle foglie e, soprattutto, l’aroma! Si mangia di solito come antipasto, servito con pomodori, olive e condito con… olio extravergine, naturalmente! Già che siamo passati ai formaggi, scopriamo la deliziosa formaggella della Val Camonica. Perché? Perché l’arte rupestre delle rocce che si trovano in questa valle delle Alpi centrali, in Lombardia, fu il primo sito tricolore a essere riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, nel 1979. Lì si produce questa piccola formaggella montana, di latte crudo vaccino a pasta semidura. Ha una stagionatura breve e non è molto aromatico; si abbina a vini bianchi di bassa gradazione alcolica.
Che non è il caso della Malvasia secca di Sardegna: bianco, sì, ma di gradi ne fa 13! Quella di Cagliari è la doc; la sua versione più antica viene dalla Marmilla, regione storica del centro-sud isolano. “Qui sono stati ritrovati utensili per la vinificazione risalenti al 1700 A.C., epoca pre-nuragica, tra cui etichette e tappi di sughero e cera per commercializzare le bottiglie e piattini da sommelier!” – racconta Roberta, alle redini della Cantina Lilliu, che con la sua agricoltura sinergica in aridocoltura ha ripreso a produrre in loco il vino con tale uva dalle note di mandorla. E che straordinario monumento protetto dall’Unesco si trova nella Marmilla? Nientemeno che il nuraghe di Barumini. Chiudiamo con un dolce delle feste, il siciliano Buccellato, ciambella di frolla farcita con fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d'arancia e altri ingredienti che variano a seconda delle zone. E noi come zona scegliamo Piazza Armerina, incantevole borgo medievale conosciuto nel mondo per i Mosaici della Villa Romana del Casale. Un monumento Unesco Dop.