L’Etna, «a muntagna» per i catanesi e i borghi del territorio, è il luogo nel quale la natura si intreccia indissolubilmente al mito. Per gli antichi greci, nelle sue caverne era stato confinato Eolo, il dio del vento, mentre Efesto aveva scelto il vulcano per le sue fucine. Anche in tempi più recenti sono numerose le credenze che legano questi territori, carichi di misticismo, a eventi miracolosi. Lo ricordano altari e cappelle votive che costellano le pendici del vulcano come i “tre altarelli”, eretti nel borgo di Nicolosi proprio nel punto in cui - nel 1.776 - si arrestò la lava, o come il santuario di Moncalieri, che sorge nel luogo del ritrovamento del simulacro della Madonna delle Grazie indicato, secondo la tradizione, dalla stessa Vergine. Con i suoi 3.350 metri di altitudine e i cinquanta chilometri di diametro, l’Etna domina sull’intera Sicilia e la sua inconfondibile forma a cono si staglia nitida già dal Continente, dallo Scilla e Carriddi, o, se si preferisce, dallo stretto di Messina.
Sul vulcano attivo più alto d’Europa, a 150 chilometri dalla costa dell’Africa, si scia guardando il mare in ben due aree che offrono anche anelli da fondo e itinerari per sci d’alpinismo, un’esperienza memorabile. La cima si raggiunge dal versante sud passando da Nicolosi e dal rifugio Sapienza e dal versante nord da Linguaglossa per arrivare agli impianti di Piano Provenzana. Nel versante meridionale si scia tra i 1.910 e i 2.700 metri su venti chilometri di piste azzurre – facili - e rosse, ammirando all’orizzonte il golfo di Catania e la valle del Simeto. Fra le tracce percorribili ne esiste una, quella di rientro, lunga ben quattro chilometri. A nord, invece, si scia tra i 1.800 e i 2.317 metri su sei piste tra cui una, la Baby, che attraversa un suggestivo bosco di pini e faggi. Dal rifugio Sapienza, inoltre, si diramano diversi percorsi di sci alpino compresa la discesa verso la valle del Bove, un’enorme conca sul versante orientale del vulcano le cui pareti, alte fino a mille metri, sono incise da profondi canyon.
Sull’Etna si sale prima in auto o autobus, poi in funivia e fuoristrada e infine a piedi, in mountain bike o sulle pelli di foca, a seconda della stagione, per godere dello scenario incomparabile sull’isola e sul Mediterraneo che si spinge, nelle giornate più terse, fino al profilo di Malta. Lungo il percorso cambiano colori e vegetazione: dagli agrumeti di Zafferana Etnea, borgo famoso per il miele, ai boschi di castagni, faggi e querce che coprono i versanti del vulcano fino ai 2mila metri dove lasciano il posto a ginepri, saponarie e violette dell’Etna, fino al paesaggio lunare della cima, oltre i 2.500 metri, dove sono rare le specie che riescono a sopravvivere tra le rocce nere di lava stratificata nel tempo. Ogni stagione è ideale per regalarsi una vacanza alla scoperta dell’Etna - patrimonio dell’Unesco dal 2013 - e della miriade di borghi del Parco dell’Etna, istituito nel 1987, lasciandosi incantare dalla cima innevata del Mongibello, altro nome di questa montagna che vive e respira.
Scegliere il Parco dell’Etna significa poter conoscere i numerosi borghi che punteggiano il territorio, piccoli gioielli costruiti in pietra lavica che custodiscono tesori inaspettati. Randazzo, per esempio, noto come “borgo delle cento chiese”, incanta con il suo labirinto di vicoli costellati di edifici sacri a cui si affiancano il castello Svevo, il Museo Vagliasindi e il Museo dei Pupi. A Castiglione di Sicilia, invece, protagoniste della scena sono le impressionanti gole in cui il fiume l’Alcantara scorre veloce dando forma alle rocce. Vale poi la pena concedersi una sosta anche alla “cuba bizantina”, una chiesa rurale del VII secolo, la chiesa di Santa Domenica, che è stata riconosciuta “meraviglia italiana” nel 2011. Per un tuffo nel folklore dell’isola, a Bronte, si può visitare il Museo del Carretto Siciliano Gullotti con oltre trecento pezzi in esposizione fra carretti, ornamenti dei cavalli e decorazioni per i “mascillari” - le sponde laterali dei carretti - o i “gambetti”, i raggi della ruota.
Le meraviglie dell’Etna passano anche dall’enogastronomia. Grazie alla fertilità del suolo vulcanico e al clima mite, nel territorio etneo si trovano innanzitutto i pistacchi di Bronte, un oro verde a denominazione di origine protetta che ha portato il nome del borgo nel mondo, seguiti dalle profumate fragole di Maletto, dal 2007 presidio slow food. Squisiti sono la pesca tabacchiera dell’Etna, presidio slow food dal 2001 e coltivata nei terreni donati un tempo da re Ferdinando di Borbone all’ammiraglio Orazio Nelson - nei pressi di Bronte si trova il castello di Nelson - e l’olio extravergine di oliva Monte Etna Dop. Non manca una “Strada del vino” percorribile anche con l’antico trenino della Ferrovia Circumetnea. Le sei denominazioni del vino di origine controllata “Etna” - bianco, bianco superiore, rosso, rosso riserva, rosato e spumante - devono essere prodotte da uve coltivate entro confini precisi e comprendenti i borghi di Nicolosi, Trecastagni, Zafferana, Linguaglossa, Castiglione e Randazzo.