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Curiosità sulla leggenda di San Nicola che ha dato origine ad un palio in un borgo


Domenica 11 giugno 2017

Come l'interpretazione di una parola possa cambiare le leggende attraverso i secoli

Curiosità sulla leggenda di San Nicola che ha dato origine ad un palio in un borgo

Nel borgo marchigiano di Sirolo ogni 9 maggio viene celebrato il Palio di San Nicola, patrono del paese, palio diviso in 2 disfide ispirate alla vita del santo. Tra le due Disfide, quella delle Contrade e quella della Canaja, è curioso notare che una delle due ha preso forse origine da una mal traduzione di una leggenda sul santo tramandata nei secoli.

Stiamo parlando della Disfida della Canaja, ovvero la disfida che vede fanciulli dagli 11 ai 13 anni, competere in una gara per "ricomporre" i pupazzi dei fanciulli che la leggenda vede uccisi e fatti a pezzi da un oste. Ma andiamo per gradi. Questa leggenda, ovvero quella dei "Tre bambini e dell'Oste", narra del Santo che recatosi a concilio di Nicea, fermandosi ad un'osteria, gli fu servito una pietanza che invece essere a base di pesce era di carne umana. Il Santo, divinamente ispirato, chiese all'oste di esaminare come veniva conservato il pesce e l'oste gli mostrò due botticelle contenenti della carne salata. Nicola, fermandosi in preghiera, compì il miracolo di ricomporre e riportare alla vita tre bambini che l'oste aveva ucciso in precedenza e che, negandone l'evidenza, voleva spacciare per carne di pesce ai suoi clienti. L'oste, visto il miracolo, fu spinto alla conversione.

Non è un caso raro che nel corso dei secoli le storie tramandate prendano sfumature diverse, ogni popolo le ha rielaborate secondo la loro cultura o sensibilità, è normale che siano stati cambiati nomi, luoghi, personaggi. Basta che tra due lingue si interpreti diversamente una parola che una storia può cambiare completamente significato.

Infatti la storia che vi abbiamo raccontato è probabilmente frutto di una interpretazione della storia di San Nicola e i tre innocenti dove, tra una traduzione e un'altra, la parola "innocenti" è stata tradotta in "bambini" (pueri). Il primo a dare questa traduzione sembra essere stato Vescovo Reginold nel 961 dopo Cristo, il quale, in un suo trattato sulla vita di San Nicola, tradusse "pueri" invece che "innocentes" parlando della vicenda dei tre innocenti salvati dal Santo dalla forca, insinuando nella mente dei fedeli una storia diversa da quella "originale" che sembra essere il pezzo forte delle vicende nicolaiane o Praxis tou agiou Nikolaou (storia di S. Nicola).

Si narra che durante la sosta di navi militari nel porto di Mira, i soldati, tesi da una vita di asperità, fecero scoppiare dei disordini nel mercato di Placoma. Questo portò le forze dell'ordine ad arrestare tre cittadini miresi che vennero processati sommariamente e condannati a morte. Alcuno cittadini raggiunsero il Vescovo Nicola, che al tempo non era a Mira, e gli riferirono che il preside Eustazio aveva condannato tre innocenti. Nicola si incamminò con gran fretta verso Mira ma sul luogo detto Leone venne a sapere che i tre condannati vennero mandati a Dioscuri. Qui Nicola apprese che i tre sfortunati erano già stati portati a Berra, luogo dove venivano eseguite le sentenze di morte. Affrettando la sua marcia, il Santo giunse giusto in tempo, facendosi spazio a fatica tra la folla che faceva da spettatrice all'evento, per togliere la spada dalla mano del boia che aveva già predisposto i condannati sui ceppi per recider loro il collo. Liberati i tre INNOCENTI (non "bambini") Nicola si recò al palazzo del preside Eustazio senza farsi annunciare e lo accusò di corruzione e violenza minacciandolo di riferire la cosa all'imperatore. Eustazio rispose che era stato indotto in errore da due notabili, Simonide ed Eudossio, ma Nicola replicò che fu invece corrotto da Crisaffio (oro) e Argiro (argento). Ristabilite verità e giustizia, Nicola non condannò il preside ma lo perdonò in quanto pentito del fatto.

C'è inoltre un'altra versione, anch'essa frutto di una interpretazione "sbagliata" delle vicende di San Nicola, della leggenda dei "tre bambini e dell'oste". Questa versione non parla di bambini ma di scolari. Si narra dei tre figli un nobile che dovendo andare a continuare gli studi ad Atene, si fermarono a Mira per ottenere la benedizione del Vescovo Nicola. Non trovandolo si fermarono in una locanda per la notte. L'oste della locanda, vedendo i tre scolari nobilmente vestiti, entrò nottetempo nella loro stanza, li uccise e mischiò i loro resti con della carne salata per servirla agli avventori. Il giorno seguente, divinamente ispirato, il santo si recò alla locanda e chiese all'oste di mostrargli la carne che stava usando come ingrediente per i suoi piatti. L'oste mostrò la carne dicendo che era ottima da mangiare e Nicola attese nella speranza che l'oste ammettesse il misfatto e se ne pentisse. Ciò non accadde, quindi Nicola benedisse la carne ed ecco che i tre scolari tornarono in vita. Compiuto il miracolo, l'oste capì i suoi sbagli, se ne pentì e promise di condurre una vita virtuosa. I tre scolari, come risvegliati da un sonno, continuarono il loro viaggio verso Atene.

Vi sono altre varianti di queste leggende, dove in alcune la moglie dell'oste ha un ruolo importante e negativo, ma queste sono le più diffuse. Infatti, le due leggende dei bambini e degli scolari diedero adito alla nascita del Patronato di San Nicola sui bambini e, insieme alla storia della "dote delle fanciulle" fece nascere la figura di Santa Claus (Babbo Natale). Inoltre, dalla versione dei tre scolari, nacque il patronato sulle scuole (insieme a Santa Caterina d'Alessandria) e l'usanza folkloristica della festa studentesca del 6 dicembre.

Immagine: Nicola risuscita tre bambini messi in salamoia in una botte, Gentile da Fabriano, 1452 Tempera su tavola

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